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Covid-19: un possibile aiuto da mini anticorpi sintetici

Covid-19: un possibile aiuto da mini anticorpi sintetici

Specifici anticorpi sintetici, anche detti sybodies, potrebbero aiutare a combattere il covid come anche gli anticorpi umani da guariti o quelli sviluppati dai lama.

Come fa il coronavirus a infettare l’organismo? Tutto dipende dall’interazione fra la sua proteina spike, un po’ come l’amo che aggancia le cellule del corpo umano, e il recettore Ace2, una proteina attaccata alle cellule, che viene ancorato dal virus. L’aggancio e il legame fra la proteina spike e il recettore Ace2 avviene grazie tre protrusioni della proteina spike, simili a tre piccole punte sporgenti o ami per la cellula. Per impedire il contagio, bisogna bloccare questo meccanismo. Per farlo già da tempo i ricercatori stanno studiando anticorpi umani dai guariti e altri piccoli anticorpi, noti anche come nanocorpi , derivati dai lama e dai cammelli – animali studiati durante la pandemia. Ma la ricerca e lo sviluppo tradizionale è lungo e oggi un gruppo dell’European Molecular Biology Laboratory (Embl) ad Amburgo ha studiato, insieme ad altri istituti, un nuovo metodo per ottenerli artificialmente, in maniera più rapida.

covid anticorpi

Anticorpi, il presupposto.

Lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus rappresenta un approccio valido, sia a livello terapeutico sia preventivo (per i vaccini) per contrastare Covid-19. Tuttavia, scrivono gli autori nel testo, produrli in maniera tradizionale richiede tempi più lunghi e costi elevati. Anche per queste ragioni i ricercatori hanno deciso di seguire un approccio alternativo, basato sulla ricerca, l’isolamento e la caratterizzazione, di anticorpi sintetici, selezionati sulla base di una banca dati (di anticorpi) già esistente. L’approccio non è sostitutivo rispetto a quello tradizionale, ma qualora la ricerca procedesse con risultati di successo potrebbe fornire un’altra opzione valida per combattere il coronavirus.

Anticorpi, lo studio.

Le interazioni fra la spike e le cellule potrebbero essere interrotte e spezzate con particolari anticorpi sintetici; detti sybodies (o si-corpi – se proprio dovessimo tradurlo – dove il prefisso “sy” viene da syntetic). I ricercatori, coordinati da Christian Löw dell’Embl di Amburgo, hanno analizzato i dati e le collezioni biologiche. Queste già disponibili, per cercare anticorpi che siano in grado di bloccare efficacemente il Sars-Cov-2. In primo luogo hanno utilizzato la proteina spike come esca per selezionare i candidati migliori. Per farlo hanno sfruttato una tecnologia messa a punto dal gruppo di Markus Seeger dell’università di Zurigo. Essa riesce a selezionare rapidamente i sybodies più efficaci.

Il sybody 23.

Da questa analisi hanno individuato un anticorpo, detto sybody 23, che interagisce con la spike bloccandola in maniera efficiente. In particolare, l’anticorpo si lega alle tre protrusioni della proteina spike, la parte più pericolosa. In questo modo la imbriglia e le impedisce di agganciare la cellula umana e di infettarla. Un elemento da notare, spiegano gli autori, è che il legame sybody 23 avviene in qualsiasi posizione si trovino le tre punte della spike, e forse è proprio questo l’elemento che rende l’anticorpo selezionato così efficiente.

Un primo risultato positivo.

I ricercatori hanno poi provato a capire se questo anticorpo riesce a bloccare un virus e l’hanno fatto utilizzando un lentivirus (una categoria cui appartiene anche l’Hiv umano), modificato in modo da presentare sulla superficie la proteina spike del Covid. I risultati preliminari, ancora da approfondire, fanno ben sperare dato che l’anticorpo neutralizza e impedisce l’azione del lentivirus in vitro. Il prossimo passo sarà capire se il sybody 23 possa bloccare anche l’infezione da nuovo coronavirus nel corpo umano.

About Andrea Quartu

Studio Scienze Della Comunicazione. Estremamente sopra le righe e appassionato di moda. Mi piace molto scrivere, ma ho sempre paura di sbagliare le virgole.

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