Secondo uno studio condotto dall’Università di Pisa, il profumo dei fiori ha il potere di selezionarne gli impollinatori
La ricerca, pubblicata sulla rivista Basic & Applied Ecology, rivela, infatti, l’esistenza di una precisa correlazione tra le fragranze dei fiori e le tipologie di insetti che questi attirano. In particolare i profumi dalle note più semplici richiamano solo determinate categorie di impollinatori, mentre quelle più complesse invitano specie diverse.
Lo studio di UNIPI
I ricercatori dei dipartimenti di Farmacia e di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali hanno analizzato quindici specie di fiori spontanei, allestiti in strisce, dette “wildflowers strips”, in agroecosistemi convenzionati con l’Università di Pisa. Tra questi fiori ci sono il fiordaliso, il gittaione, la speronela, la nigella e il garofanino selvatico.
La presenza delle wildflower strips è utile anche per la sopravvivenza dei relativi insetti impollinatori, come le api, i bombi, i ditteri e le farfalle. Oggi stanno diventano sempre più rari a causa della mancanza di diversificazione nelle colture a livello territoriale e della generale scarsità di colture entomagame, ovvero che effettuano l’impollinazione tramite gli insetti.
Nei laboratori dell’Università sono state inoltre effettuate delle analisi chimiche sui composti volatili. Secondo quanto emerso dagli studi esisterebbero interazioni specialistiche, destinate a una particolare tipologia di fiori e impollinatori, e interazioni generaliste. Ovvero riguardanti le fragranze dalle note più complesse, in grado di attrarre una più ampia varietà di insetti.
Un fragile equilibrio
«Le interazioni specialistiche e generaliste – sottolinea il ricercatore Stefano Benvenuti – definiscono quindi i due modelli di coevoluzione fiori-insetti. Inoltre, se la strategia specialista risulta più efficace dal punto di vista del flusso genico, in quanto gli impollinatori trasferiscono il polline quasi esclusivamente all’interno della stessa specie, è comunque quella certamente più a rischio. Ciò in quanto l’impollinazione dipende da una fragile dipendenza da poche specie di impollinatori la cui simultanea presenza con le fioriture è purtroppo ulteriormente minacciata dai cambiamenti climatici in corso».
Gli impollinatori specialisti hanno, infatti, subito una co-evoluzione mutualistica con i fiori dalle fragranze a loro dedicate. Questo ha fatto sì che abbiano potuto sviluppare degli strumenti. Ad esempio, come pelurie e boccali, in grado di raccogliere il polline adattandosi alla forma del fiore prescelto. Al contrario, i fiori generalisti non possiedono l’opportunità di ottimizzare il proprio polline. In quanto i loro insetti non hanno sviluppato una precisa adattabilità. Inoltre, spostandosi su molte colture, questi rischiano di trasportare il polline su specie diverse.
«Capire queste particolari interazioni – conclude il ricercatore Benvenuti – significa difendere la biodiversità. In ultima analisi preservare anche la bellezza dei paesaggi rurali che ci circondano. Ad esempio i nostri in Toscana rinomati in tutto il mondo per la loro unicità».