Se non proteggiamo gli impollinatori (api, bombi & c.) potremmo ritrovarci a diffondere il polline con bolle di sapone liberate dai droni: il metodo pare funzionare.
Nessuno ci sa fare con i fiori come le api, i bombi, le falene e gli altri operosi impollinatori. Ma il declino di questi insetti costringe a pensare a soluzioni alternative. Eijiro Miyako, è riuscito a far riprodurre alcune piante di pera grazie al polline trasportato dalle bolle di sapone. Atterrate dolcemente sulle piante ed esplose proprio sopra al loro stigma (la parte femminile del fiore che riceve il polline). In laboratorio, la trovata di Miyako si è rivelata particolarmente efficace, ma la natura è un’altra cosa.
L’intuizone delle bolle
Lo scienziato è da tempo impegnato nella ricerca di un mezzo che possa consegnare il polline ai fiori senza rischiare di sciuparli. Nel 2017 ci aveva provato con un drone da 4 cm, che però per quanto piccolo, continuava a danneggiare le piante. L’intuizione delle bolle è arrivata mentre Miyako giocava a soffiarle con suo figlio. E una sfera di sapone è atterrata delicatamente sulla fronte del bambino, scoppiando senza fargli male. In laboratorio. Miyako ha mescolato i grani di polline con una soluzione di sapone arricchita di nutrienti e di bassa tossicità per le piante. E ha poi usato una pistola per bolle per sparare il carico su una pianta di pera. Ogni fiore è stato raggiunto da 10 gavettoni di polline, ognuno contenente circa 2.000 granuli. Dopo 16 giorni, sono nati tanti frutti quanti ne avrebbe portato un’impollinazione fatta a mano.
In Giappone, in parte per tradizione e in parte per carenza di api, l’impollinazione di peri e meli viene compiuta a mano dagli agricoltori. Un metodo efficace ma antieconomico perché consegna a ciascun fiore circa 1800 milligrammi di polline. Contro gli 0,6 milligrammi delle bolle. In entrambi i casi, la percentuale di piante correttamente impollinate è del 95%. Il nuovo metodo consentirebbe però di fertilizzare molte più piante con la stessa quantità di polline.
I test
Le bolle sono però soggette ai capricci di vento e pioggia. E liberate in natura rischierebbero di espellere grandi quantità di polline nel posto sbagliato. Secondo Miyako parte di questi problemi potrebbe essere risolta con la tecnologia. Lo scienziato ha compiuto alcuni test con un drone munito di una pistola sparabolle. Volando sopra una fila di gigli, il veicolo autonomo ha impollinato con successo il 90% dei fiori.
Parte delle bolle finisce ancora sprecata, e mentre Miyako esplora altri metodi, che prevedono per esempio l’utilizzo di rover progettati per le missioni spaziali, sono in molti a pensare che studi di questo tipo distraggano dalla vera sfida, ossia la tutela degli impollinatori. Tra l’altro, le sostanze tensioattive usate per le bolle rischiano di peggiorare l’inquinamento del suolo e interferire chimicamente con la riproduzione delle piante.