Il fondatore di Apple l’ha resa famosa con il Macintosh del 1984, ma l’invenzione fu dell’ingegnere Douglas Engelbart. Che ottenne il brevetto del mouse il 17 novembre del 1970.
Se voglio dirti che hai un buco sulla maglietta, non lo faccio a parole, non dico che è a 14 centimetri dal collo e 3 centimetri dal bottone. Semplicemente lo indico e ti dico: ecco, è lì». Steve Jobs nel 1985 raccontava così a Playboy dove risiedeva la meravigliosa semplicità di un’invenzione come il mouse. Un oggetto che vive da protagonista nella nostra vita, lavorativa e privata, a 50 anni esatti dalla sua nascita.
Storia della nascita del mouse
La storia nasce infatti ben prima del Macintosh dei miracoli. Era il 17 novembre del 1970 quando il brevetto del mouse divenne ufficiale. E il fondatore di Apple non c’entrava (ancora) niente. Perché, Jobs non era un tecnico, un ingegnere, bensì «un genio del design e del marketing». Non sapeva fare le cose ma capiva come renderle uniche.
Non era stato dunque Steve Jobs a inventare il mouse. Ma, semplicemente prima con Apple Lisa e quindi con il successo commerciale del Macintosh, nel 1984 l’aveva reso il compagno ideale di ogni computer. Aveva dato al computer quelle mani, anzi quel dito capace di indicare.
I reali inventori
Era esattamente questa l’idea di Douglas Engelbart, inventore e ingegnere americano che insieme a William English – colui che lo costruì fisicamente – depositò il brevetto del primo mouse nel 1967. Pare che prima di lui ci fosse arrivato un gruppo di ricercatori della Telefunken, ma senza brevettare nulla. Ci vollero poi tre anni prima che diventasse ufficiale, forse perché era la tipica invenzione troppo avanti per i suoi tempi.
Erano in realtà i due colleghi dell’Augmentation Research Center a essere troppo avanti. Come dimostrato nel 1968 quando a San Francisco tennero quella che viene ancora ricordata come «La madre di tutte le presentazioni». Si trattava dell’esposizione dell’oNline System (NLS), un sistema software che permetteva il lavoro cooperativo tra più computer coordinati da un mainframe centrale. E che sfruttava l’allora ArpaNet, la progenitrice di Internet, anch’essa 50enne quasi esattamente un anno fa – per condividere le informazioni. Il futuro anticipato, insomma, così come l’utilizzo di un’interfaccia grafica a finestre e, appunto, il mouse. Fatto sta che Engelbart dalla sua invenzione non guadagnò un bel niente: i suoi diritti erano ormai scaduti quando il mouse iniziò a carburare.
Un blocco di legno con ruote di metallo
Infatti il «topo», allora un blocco di legno con ruote di metallo, dovette aspettare altri 11 anni per vedere una sua prima applicazione reale. Nel 1981 con il primo computer con cui veniva commercializzato, ossia lo Xerox Star. Aveva tre tasti e costava tantissimo, 300 dollari di allora al pezzo. E fu proprio allo Xerox Parc (Palo Alto Research Center) che Steve Jobs vide un mouse per la prima volta, e capì il suo grande futuro.
Secondo la biografia di Isaacson, era il 1979 e Jobs ebbe un’opportunità. Il genio di Apple decise che il mouse sarebbe stato parte della sua informatica del futuro, ma con un solo tasto (per semplificare) e con un costo al pezzo che non superasse i 15 dollari, perché potesse diventare di massa. Lo divenne, ma non grazie ad Apple Lisa, il pc lanciato nel 1983 e che costava troppo per sfondare nel mercato. Il vero lancio del mouse nell’empireo del nostro quotidiano avvenne un anno dopo, con il Macintosh, che costava un quarto di Lisa (2.500 dollari di allora contro 10 mila) e fu il primo computer (quasi) per le masse. A ogni click corrisponderebbe un consumo energetico pari a 0,00142 calorie, che moltiplicato per 5 mila – il numero di volte che in una giornata lavorativa media muoviamo il dito per cliccare qualcosa – fa la misera somma di 7 calorie. Una divertente esemplificazione del perché i nerd ce li immaginiamo sempre un po’ sovrappeso.