La Posidonia oceanica ci svela quali effetti avrà a lungo andare l’acidificazione del mare sugli ecosistemi sottomarini
A questo quesito, infatti, hanno cercato di rispondere i ricercatori del Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza e della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli. Una serie di indagini nei fondali di Ischia sulle praterie di Posidonia. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Marine Mediterranean Science e varranno su ampia scala.
Sappiamo che una delle caratteristiche del mare è quella di assorbire CO2 dall’atmosfera. E sappiamo anche che troppa CO2 – come quella prodotta dalle emissioni di natura umana – scatena una serie di reazioni chimiche. Infatti, queste finiscono con il ridurre il pH dell’acqua aumentandone l’acidità.
Le ricerche
Per valutarne le conseguenze sugli ecosistemi, le ricerche dei biologi si sono concentrate in alcune zone sottomarine dell’isola partenopea particolarmente adatte allo scopo: i cosiddetti Vent. Si tratta di siti in cui l’acqua risulta acidificata per l’emissione naturale di CO2 di origine vulcanica. Dunque, dei veri e propri laboratori naturali dove comprendere la capacità di adattamento di specie, comunità ed ecosistemi al ridotto livello di pH.
Nelle aree di Castello e Vullatura e lungo un tratto di costa sono state studiate le praterie di Posidonia oceanica, uno degli ecosistemi più ricchi e importanti del Mediterraneo, la cui perdita di biodiversità comporterebbe anche ricadute sociali ed economiche.
I ricercatori hanno notato che a risentire dell’acidificazione è soprattutto la comunità di specie associata a questa pianta marina.
«Abbiamo riscontrato i segni di acidificazione nelle foglie – spiega Edoardo Casoli del gruppo Sapienza – che si presentano significativamente più corte rispetto a quelle che si formano in condizioni di acidità normale. Questo perché i ridotti livelli di pH influiscono sulla comunità epifita che vive sulle foglie della Posidonia, causando, da una parte, la scomparsa di alghe rosse, molluschi, echinodermi e di tutti gli organismi capaci di fissare il carbonato di calcio nei loro gusci e scheletri, e favorendo, dall’altra, l’adattamento di organismi non calcificanti, come alghe brune filamentose, idrozoi e tunicati. Inoltre, abbiamo visto che, in ambienti acidificati, la mancanza degli organismi calcificanti aumenta la vulnerabilità della Posidonia all’erosione del pesce erbivoro Sarpa salpa». Dunque, in un’intensa attività di pascolo da parte delle salpe starebbe la spiegazione della ridotta lunghezza delle foglie nelle praterie di Posidonia studiate a Ischia.
Preziose finestre sul futuro
È una pericolosa reazione a catena quella innescata dall’acidificazione del mare, che potrebbe compromettere il ruolo ecologico e le funzionalità di interi ecosistemi.
«Questi siti sono delle vere e proprie “finestre sul futuro” – spiega Giandomenico Ardizzone, coordinatore del team Sapienza – per osservare i possibili scenari ecologici dei mari, sulla base dei valori di pH previsti da alcuni modelli geochimici per il non lontano 2100”.