Alcune galassie iperluminose sembrano più luminose all’infrarosso di quanto il numero delle stelle in esse contenute possa spiegare.
Ecco alcuni risultati interessanti raccolti da un team di astronomi dell’istituto olandese SRON. Nello studio, pubblicato su Astronomy & Astrophysics, vengono analizzate soprattutto le galassie emerse fino a 3 miliardi dopo il big bang.
Si tratta di galassie che si formavano abbastanza rapidamente. E, grazie alla ricchezza di gas allora presenti, producevano tantissime stelle. Quindi erano massicce e “iperluminose”, con livelli di luminosità di 10 trilioni dei nostri soli.
Galassie iperluminose
Queste galassie iperluminose poi, con il passare del tempo, anche perché le riserve di gas e si sono esaurite, sono diventate sempre più rare. Quelle che noi osserviamo oggi sono quelle che sono esistite miliardi di anni fa.
Gli astronomi le hanno precedentemente osservate con il telescopio spaziale ad infrarossi Herschel. Ma il team dello SRON ha ora utilizzato il telescopio LOFAR. Grazie alla risoluzione spaziale più elevata di quest’ultimo, sono riusciti a distinguerle individualmente. Poi confermando la stranezza delle osservazioni. Ci sono molte più galassie iperluminose rispetto a quanto possono spiegare le attuali teorie della formazione delle galassie. Questo vuole dire che bisogna cercare una diversa teoria per spiegare la loro presenza durante quella che può essere considerata come la prima età dell’universo.
Caratteristiche
“Sono alimentati dalla formazione stellare o dall’accrescimento di buchi neri supermassicci? Se alimentati dalla formazione stellare, le galassie a infrarossi iper-luminose formerebbero stelle a poche migliaia di masse solari all’anno”, spiega Lingyu Wang, ricercatore dello SRON.
Secondo il ricercatore, visto che i modelli teorici attuali non possono spiegare la presenza di queste galassie superluminose con così tante stelle, la causa è forse da ricercare dall’attività di accrescimento intorno al buco nero supermassiccio centrale.
Si tratta di un approccio teorico, però, che necessita di molte altre osservazioni, osservazioni di certo non saranno facili visto che riguardano oggetti che non emettono luce e che si trovano miliardi di anni luce di distanza.
Di certo, però, i ricercatori non si arrendono; anzi intendono eseguire nuovi studi utilizzando il telescopio ottico dell’osservatorio Keck. Grazie a quest’ultimo, infatti, potranno acquisire dati più accurati sul redshift di queste galassie.