Finalmente ci avviciniamo al momento in cui anche in Italia saranno somministrate le prime dose dei vaccini.
Dalla seconda metà di gennaio, verranno distribuite le prime dosi del vaccino Pfeizer/Biontech, poi seguiranno altri prodotti ancora in via di sperimentazione. Ma quali saranno i criteri e le priorità della somministrazione? E quali certezze abbiamo sull’efficacia e sui possibili effetti collaterali? Abbiamo provato a fare un quadro delle questioni principali e dello stato dell’arte, con l’aiuto del professor Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano. Che avverte: «Stiamo arrivando al dunque. Ricordiamoci che vaccinarsi sarà un dovere civico per tutti».
Sono tre i vaccini contro il Covid in avanzato stato di sperimentazione. Quello prodotto da AstraZeneca, multinazionale svedese-britannica con sede a Londra, in collaborazione con lo Jenner Institute dell’Università di Oxford e con la Irbm di Pomezia: quello di Moderna, realizzato in collaborazione con il National institute of health (Nih). E quello prodotto da Pfizer/Biontech, che è l’unico che ha già concluso la fase III della sperimentazione e sarà il primo ad arrivare in Italia.
Nella seconda metà di gennaio, secondo quanto prevede il commissario Domenico Arcuri, comincerà la somministrazione dei primi 3,4 milioni di dosi di vaccino Pfizer.
Dovendosi ripetere due volte la vaccinazione, riguarderà 1,7 milioni di italiani. Si tratta della quota parte stabilita da un accordo europeo. Solo per il vaccino Pfizer la Ue ha opzionato 200 milioni di dosi più altre eventuali 100, che per l’Italia ammontano a 27 milioni di dosi (il 13,51 % del totale). Per quanto riguarda gli altri vaccini, occorrerà aspettare la fine delle sperimentazioni e poi i processi di autorizzazione europei e nazionali. Secondo Arcuri, «una parte importante della nostra popolazione riceverà la somministrazione dei vaccini entro il primo semestre o il terzo trimestre del prossimo anno». E il presidente Irbm di Pomezia Piero Di Lorenzo promette 70 milioni di dosi del vaccino di Oxford entro giugno.
Le Regioni devono indicare entro oggi i presidi idonei per conservare il vaccino Pfizer, che deve restare a una temperatura tra -70 e -80 gradi. Secondo Arcuri, per la somministrazione bisogna considerare «esposizione al contagio» e «livello di fragilità». Ma il commissario chiarisce che è solo un’indicazione e dovranno essere governo e Parlamento a decidere le priorità. Secondo Galli, bisognerebbe cominciare con «le persone incaricate di pubblico servizio», personale sanitario, ma anche forze dell’ordine e insegnanti, e con le persone più fragili, dunque malati e anziani. I medici in Italia sono 240 mila e gli infermieri 450 mila. Difficile una stima degli anziani nelle Rsa: i posti letto sono quasi 300 mila. Dunque un milione circa, su dosi disponibili per 1,7 milioni di persone.