Il vento, la pioggia, un torrente, il mare, gli animali e gli altri suoni della natura posso creare le basi naturali per accrescere la serenità umana
E’ arrivato l’autunno e in questa atmosfera colorata dalla Natura e accesa dai suoni entriamo in un micro-universo basato sulla capacità percettiva di quello che possiamo definire un paesaggio sonoro, o fonosfera. Il vento, la pioggia, un torrente, il mare, gli animali e gli altri suoni della natura posso creare le basi naturali per accrescere la serenità umana.
Rolando Benenzon
Il celebre musico-terapeuta argentino Rolando Benenzon ha sviluppato un modello che evidenzia la capacità dell’uomo di percepire e qualificare la natura del suono che ci circonda: l’identità sonora.
Il cumulo di energie e il suo processo dinamico formato da suoni, movimenti e silenzi che caratterizzano ogni essere umano distinguendolo da un altro è diventato patrimonio di ogni individuo. Ecco cosa intende Benenzon nel percorso di studio che lo ha portato a definire l’identità sonora.
Del resto gli ornitologi con i monitoraggi bioacustici hanno esplorato un percorso simile. Registrando la vocalizzazione di un singolo volatile, riescono ad attribuire a ogni individuo un’identità precisa e diversa. Anche se gli animali monitorati appartengono alla stessa specie e sesso. Il canto diviene paritetico a un’impronta digitale.
Il modello creato da Benenzon evidenzia come i suoni che incontrano il genere umano abbiano generato nel corso di migliaia di anni un’identità sonora basata su percezioni che si annidano nell’inconscio di ognuno.
In questo scenario persino i suoni prodotti dal nostro corpo divengono archetipi universali che compongono l’identità sonora. Ricordiamo il battito cardiaco o, piuttosto, il suono del nostro respiro.
Rumori, frusci e sonorità prodotte dall’ambiente, come lo scorrere di un ruscello, le onde del mare o le fronde agitate dal vento. Infatti, possono generare suoni naturali familiari che rientrano nel casting delle identità sonore.
Anche i canti degli uccelli, gli ululati dei lupi o il bramito del cervo ed ancor più le vocalizzazioni dei cetacei. Considerate quest’ultime terapeutiche per le persone autistiche, sono modelli che plasmano quella che viene definita identità sonora universale.
Gli studi
Portati avanti nei decenni nella musicoterapia evidenziano come sia probabile che il nostro inconscio sia influenzato da echi di mondi preistorici.
Un mondo lontano nel tempo dove il concetto di musica non era strutturato come quello odierno e i rumori musicali erano prodotti da materiali raccolti nei boschi. Ad esempio come tambureggiare legni cavi, strofinare o battere pietre, far frusciare le foglie.
Quella memoria acustica ancestrale è ancora inconsciamente dentro di noi e questo spiega l’emozione che può suscitare il suono delle onde del mare o di un ruscello alpino.
Provate a guardare su Youtube e scoprirete i record di visualizzazioni che totalizzano i video acustici dove si vedono e ascoltano i paesaggi sonori. Centinaia di milioni di visualizzazioni!
Il bisogno innato nell’uomo di produrre e ascoltare i suoni è talmente forte che in alcune popolazioni indigene si producono suoni usando l’acqua. Ad esempio come fosse un tamburo, tradizione che ancora vive nei villaggi dell’arcipelago Vanuatu, nel pacifico meridionale al largo dell’Australia.
Passeggiare in un bosco, tra le campagne o in riva al mare può riattivare memorie sonore arcaiche. Inoltre, sensazioni che geneticamente, anche se in minima parte, sono ancora vive dentro di noi, aiutandoci a stare meglio con noi stessi e gli altri.