Il nostro organismo sembra “riconoscere” solo due stagioni. Ce lo dimostrano le variazioni di concentrazione di proteine, geni e altri elementi che avvengono nei cambi di stagione
Se c’è una cosa di cui ognuno di noi è certo, è che l’anno solare si divide in quattro stagioni, di uguale lunghezza. Tuttavia il nostro corpo non la pensa così, e se parliamo quindi di stagioni biologiche il numero si dimezza. Secondo quanto rilevato da uno studio pubblicato su Nature Communications, infatti, il nostro organismo subirebbe dei cambiamenti a livello molecolare solo due volte l’anno. Tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate, e tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno.
CAMBI DI STAGIONE
Gli studiosi hanno analizzato per quattro anni, quattro volte l’anno, i campioni di sangue di 105 partecipanti californiani, tra i 25 e i 75 anni di età. I risultati hanno rivelato periodi di “cambiamento”, coincidenti con la fine della primavera e l’inizio dell’inverno. Nel primo caso le analisi hanno evidenziato un aumento dei biomarcatori di infiammazione. Infatti, giocano un ruolo importante nelle allergie, e un picco delle molecole coinvolte nell’artrite reumatoide e nell’artrosi. La fine della primavera vedrebbe inoltre aumentare i livelli di emoglobina HbAc1, indicatore della presenza di glucosio nel sangue e campanello d’allarme del diabete di tipo 2, e del gene PER1, regolatore del ritmo sonno-veglia.
All’inizio dell’inverno aumenterebbero invece i livelli delle molecole del sistema immunitario, pronte a combattere le infezioni virali della stagione, quelli delle molecole responsabili dell’acne, e i biomarcatori dell’ipertensione.
SCORTE INVERNALI
«In alcuni casi è chiaro il motivo delle fluttuazioni delle molecole». Spiega Michael Snyder, uno dei capi dello studio. «In altri, è meno ovvio». Snyder e colleghi sospettano, ad esempio, che l’aumento nei livelli di HbA1c riscontrato verso la fine della primavera sia dovuto ai pasti più abbondanti che consumiamo durante l’inverno. Non solo, alla diminuzione dell’esercizio fisico, dal momento che l’HbA1c riflette a distanza di circa tre mesi i cambiamenti della dieta.
I risultati di questo studio, sottolineano gli esperti, dipendono dalle abitudini di ognuno di noi e variano quindi anche in base alla nazionalità dei partecipanti. «Quanto scoperto può aiutare in diversi campi», spiega Reza Sailani, uno dei capi dello studio. «Prendiamo le allergie, per esempio: potremmo individuare quali pollini circolano nell’aria in un preciso periodo, e metterli in relazione con le fluttuazioni molecolari del nostro corpo, per capire esattamente a cosa siamo allergici». Più in generale, la ricerca potrebbe aiutare a capire meglio il contesto delle oscillazioni subito dalle concentrazioni di determinate molecole del nostro organismo, fornendo dati utili a gestire meglio la nostra salute.