De Palma: «Allarmanti i dati del nostro report sulla carenza di infermieri. Mancano all’appello, in Italia, oltre 90mila infermieri per sostenere adeguatamente le esigenze del SSN e per combattere in equilibrio, senza rischi per la sicurezza delle cure»
Il Presidente del Sindacato non ha dubbi: “Le cifre parlano chiaro. 53mila era la carenza strutturale di infermieri aggiornata al 2019 (dati ufficiali FNOPI). A questi si aggiungono altre pesanti défaillance: 22.000 sono gli infermieri in pensionamento nel 2019, che ricadono sulle forze del 2020 (sempre dati Fnopi).”
“Poi ci sono almeno altri 9600 infermieri, quelli che mancano per garantire il servizio dell’infermiere di famiglia, tanto annunciati ed acclamati, previsti ufficialmente dal decreto rilancio. Per la quasi totalità non ancora mai assunti. Infine si devono assolutamente inserire figure di infermieri per rendere operativi tutti i nuovi posti di terapia intensiva (ne sono stati aggiunti ben oltre 3mila per fronteggiare la nuova ondata). Quindi superiamo le 90mila unità mancanti all’appello.”
“Bisogna poi contare che, in tutto questo, tra gli oltre 28mila che si sono ammalati di Covid da fine gennaio in poi, non meno di 18 mila sono i colleghi che hanno avuto bisogno di assentarsi dal posto di lavoro per malattia, e che avrebbero dovuto essere sostituiti con altrettanti colleghi da assumere a tempo determinato, cosa quasi mai avvenuta.”
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, porta alla luce la nuova indagine sindacale. Il nuovo report fa emergere dati davvero drammatici che vanno anche ben di là delle più negative previsioni.
Il report di Nursing Up: pensioni
Si calcola che sono circa 22000 gli infermieri (sempre dati ufficiali FNOPI) che avevano i requisiti alla fine del 2019 per lasciare il proprio posto di lavoro e per godersi il “meritato riposo”, a questi aggiungiamo i professionisti idonei ad usufruire del percorso agevolato criterio “quota 100”. Ovvero quello che ha consentito a tanti lavoratori, compresi quelli della sanità, di andare in pensione sommando l’età anagrafica agli anni di contributi versati. Si conteggiano in questo modo 75000 infermieri in meno. Eppure non basta. Non finisce qui!
Infermieri di famiglia
Almeno altri 9600 infermieri sono necessari per garantire il servizio dell’infermiere di famiglia, tanto annunciato ed acclamato, oltrechè previsto dal decreto rilancio, ma che per ora è solo sulla carta nella maggioranza di regioni italiane.
Nuovi posti in terapia intensiva
Infine, bisogna aggiungere al computo, gli infermieri necessari per garantire il fabbisogno dei nuovi posti di terapia intensiva, sempre voluti in più dal Governo. Secondo l’Università di Padova, tra prima e seconda emergenza si assesta su un numero di 3553 unità in più.
I parametri di valutazione
Partendo da questi dati, è stato utilizzato come parametro di riferimento il numero di ore lavorate per Full Time Equivalente (FTE). Identificato dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in data 20.12.2017. Ed è stato applicato, per la rilevazione del fabbisogno, il valore mediano dei parametri minimi e massimi ivi adottati per le terapie intensive.
In sostanza, per il calcolo degli infermieri necessari sono stati applicati valori di riferimento anche inferiori rispetto a quelli normalmente applicati per le terapie intensive Covid. Ciò posto, ne discende che, per garantire l’ottimale servizio di assistenza infermieristica il SSN ha bisogno di assumere ulteriori 8389 infermieri oltre, ovviamente, ad almeno 800 Operatori Socio Sanitari.
Saturazione dei posti in terapia intensiva
A questo punto ci chiediamo cosa succederebbe se la necessità di nuovi ricoveri dovesse portare alla saturazione dei posti in terapia intensiva unicamente attraverso pazienti Covid. Il conto è allarmante, perchè per ogni paziente di terapia intensiva occorrono almeno 3 infermieri e 1 anestesista. Lo dice una circolare della Regione Lombardia che fa riferimento ai moduli delle Fiere di Milano e Bergamo. Tale numero è anche superiore agli infermieri che normalmente dovrebbero essere impiegati in una terapia intensiva. Pertanto questa evenienza, tutt’altro che improbabile, farebbe salire ulteriormente il numero di infermieri necessari per i nuovi posti attivati, da 8389 fino a 10659.
Con i dati descritti, si presenta davanti a noi un fabbisogno di almeno 92959 infermieri. Numero che potrebbe arrivare sino a 95259, se tutti i nuovi posti di terapia intensiva fossero occupati con pazienti Covid 19. Parliamo di personale da assumere, beninteso, in forma strutturata ed a tempo indeterminato. Sopratutto se si vuole risolvere una volta per tutte la grave penuria di infermieri che rende incerta l’assistenza.
Decenni di irresponsabile austerità
Ma non finisce qui. Infatti le gravi carenze negli organici del SSN, frutto di decenni di irresponsabile austerità, vengono ulteriormente aggravate dalle assenze temporanee del personale interessato. Questo, in un contesto crono sociologico che ha visto aumentare esponenzialmente il tasso di morbilità infermieristica.
Alla fine, bisogna tener conto che non meno di 18mila infermieri hanno avuto bisogno di assentarsi dal posto di lavoro per periodi più o meno lunghi di malattia. Contiamo anche gli oltre 28mila che si sono ammalati di Covid da fine gennaio in poi. E questi colleghi avrebbero dovuto essere sostituiti con altrettanti colleghi a tempo determinato, essendosi generata, nei fatti, un’ulteriore impennata di fabbisognoì, seppur limitata ai periodi di assenza dei titolari.
Il problema del precariato degli infermieri
“Non c’è dubbio – conclude De Palma – i numeri che emergono dalla nostra inchiesta sono davvero preoccupanti. La riflessione a questo punto è inevitabile: se il Governo avesse messo in atto la strategia sacrosanta dei contratti a tempo indeterminato con retribuzioni degne dell’elevata professionalità degli infermieri italiani. Non lasciando che in alcune Regioni (vedi la Campania) i precari tra gli infermieri Covid raggiungessero, scandalosamente, anche fino all’80% del personale. Se avessero richiamato anche i tanti colleghi all’estero, letteralmente scappati via di fronte a proposte ben più gratificanti. Forse, e diciamo forse, oggi potremmo contare su almeno il 20/30% di infermieri in più rispetto alla carenza attuale.”
Si pensi ai molti infermieri che non hanno accettato contratti a tre mesi e che oggi preferiscono la libera professione o addirittura la disoccupazione.
Conclude: “Insomma, pur consapevoli che l’emergenza Covid ha reso più profonda la voragine già presente nella sanità. Siamo convinti, al contrario di ciò che qualcun altro sta provando a dire, che un certo numero di infermieri italiani sul mercato c’è. Piuttosto, bisogna coinvolgerli con politiche contrattuali adeguate e valorizzanti, per coprire almeno in parte l’enorme falla!”.