“Frammenti- Ni una más”: un recital in onore di tutte le vittime della violenza femminile. Un’opera che ridona voce a chi non la ha più
“Frammenti- Ni una más”: un recital in onore di tutte le vittime della violenza femminile, première sul canale You Tube del Teatro del Segno (visibile per sette giorni). Il recital tratto da “Ferite a morte” di Serena Dandini (Rizzoli editore). Sul palco del TsE di Is Mirrionis a Cagliari Rossella Faa, Marta Proietti Orzella, Monica Zuncheddu, Anna Brotzu, Emanuela Lai e Anna Paola Marturano prestano volto e voce alle protagoniste del libro. Donne appassionate e fragili, allegre e malinconiche, diverse per età e cultura, ma accomunate dalla stessa tragica fine.
Cagliari contro la violenza
“Frammenti – Ni una más” – inserito nel calendario condiviso di “Feminas. Cagliari contro la violenza” 2020 – come sottolinea il regista Stefano Ledda, «affronta temi delicati e cruciali come la violenza di genere e il femminicidio attraverso le testimonianze delle vittime: troppo spesso i segnali di pericolo e le richieste d’aiuto vengono sottovalutati o ignorati, ci si accorge di avere “il mostro in casa” solo quando è troppo tardi. La forza evocativa del teatro può aiutare a far passare il messaggio e risvegliare le coscienze, ma occorre l’impegno dell’intera società per fermare questa inutile strage, con l’auspicio che non debba morire “ni una más” – noi proviamo a fare la nostra parte, con un ringraziamento speciale a Serena Dandini e Maura Misiti e a Mismaonda».
Qualche frammento di “Frammenti – Ni una más”
S’intitola “Frammenti – Ni una más” il recital firmato Teatro del Segno e Teatro Impossibile, tratto da “Ferite a morte” di Serena Dandini. Esso debutterà in streaming nella Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne.
Sotto i riflettori Rossella Faa, Marta Proietti Orzella, Monica Zuncheddu, Anna Brotzu, Emanuela Lai e Anna Paola Marturano. Debutteranno al TsE di Is Mirrionis a Cagliari, rigorosamente “a porte chiuse” e nel rispetto delle norme anti-Covid.
Danno voce alle protagoniste dell’amara cronaca di una “morte annunciata”. Creature diversissime per carattere, età e censo, provenienza geografica, ma accomunate dallo stesso triste destino.
“Frammenti – Ni una más” è un viaggio tra le emozioni e i ricordi, istanti di felicità e abissi di disperazione. E ancora la tenerezza per un bambino mai nato. E infine la snobistica ostentazione di (presunta) superiorità di colei che sostiene di non avere «niente a che vedere con questo esercito di poveracce». Perché «c’è morta e morta» e conterà pure qualcosa esser stata eliminata da ben due killer professionisti in doppiopetto blu. Killer assoldati dal marito, «un manager, mica un poveraccio da Cavalleria rusticana».
L’ambientazione di queste vite ormai spente
Serena Dandini inventa per le vittime di femminicidio un paesaggio surreale. Una sorta di limbo dove tutte riacquistano intatta la loro bellezza, non più sfregiata dalle mani dei loro carnefici. Qui le donne si confidano, rievocano dettagli preziosi delle loro esistenze. E ancora il rimpianto per l’amore dolcissimo e quasi adolescenziale, con un futuro denso di promesse. Quell’amore sacrificato all’“onore” della famiglia. Ma anche la persecuzione da parte di un corteggiatore troppo assillante. Un maniaco del controllo, incapace di rinunciare a una donna a cui continua a ripetere, instancabilmente: «sei solo mia». Alternando lusinghe e minacce fino all’ultimo, fatale appuntamento d’addio.
La vicenda della moglie uccisa in «un raptus improvviso di follia». In realtà con cupa premeditazione da un uomo che non aveva mai fatto mistero delle sue intenzioni. Anzi «erano anni che lo diceva ai quattro venti», tanto che quando ha compiuto quel gesto irreparabile nessuno ne è stato sorpreso. Né ha avuto dubbi sul colpevole. Salvo chiedersi come mai nessuno avesse cercato di fermarlo. Ne risulta quindi un racconto che pone il problema dell’indifferenza o forse dell’incapacità di cogliere gli indizi. E ancora l’incapacità di riconoscere la sofferenza altrui. Insomma, quella tendenza a guardare da un’altra parte, per scarsa sensibilità, distrazione o mancanza di empatia.
Tra le righe risuona la voce di Susana Chávez – poetessa e attivista messicana, creatrice dello slogan “Ni una muerta más”. Una donna che ha lottato contro violenze e assassini. Denunciando la carneficina in atto contro le donne nel suo Paese. E in particolare a Ciudad Juarez, la sua città, prima di essere brutalmente uccisa e mutilata nel 2011.
L’arte contro il femminicidio
«L’arte è lo strumento che permette di dar corpo ai sogni e agli incubi e di “mettere in scena” l’indicibile. Per parlare di un tema come il femminicidio, una tragedia contemporanea. Una strage insensata e feroce di cui non si vede la fine. Per parlarne, abbiamo preso in prestito le parole di Serena Dandini» – spiega Stefano Ledda. «“Ferite a morte” è un libro particolare, avvincente e pure sconvolgente. Da esso affiorano tanti ritratti di donne, diversissime, accomunate da un unico “destino”. Una fine violenta per mano di un uomo. Abbiamo scelto sei monologhi, sei storie emblematiche in cui le protagoniste ricostruiscono il crescendo di violenza e abusi fisici e psicologici da loro subiti e culminati in un delitto».
«“Frammenti” – come i pezzi di quelle vite infrante – in cui le vittime si interrogano (e ci interrogano) su un fenomeno inquietante. E purtroppo diffuso, come la violenza di genere. Un recital dove le testimonianze si susseguono, inframezzate dalla musica. A ricordarci di come spesso non ci si accorga di avere “un mostro in casa”. O nel quartiere, tra i vicini e i colleghi di lavoro, perfino parenti e amici. Fino a quando non è troppo tardi. E’ fondamentale e urgente un cambiamento culturale, affinché questi episodi terribili non accadano più. E affinché non soffra, né sia umiliata e torturata, e neppure muoia “Ni una màs”».
«Una scenografia essenziale, con sei leggii disposti a scacchiera, per una lettura senza enfasi o sottolineature. Perché il pathos è racchiuso nelle immagini evocate dalle parole. Con la dolorosa consapevolezza che si tratta di storie con un finale già scritto. L’autrice ha sapientemente mescolato realtà e finzione, alternando diversi registri. L’ironia e il dramma, la rabbia e perfino lo stupore, l’ingenuità e la lucida coscienza di sé. Quasi a voler sottolineare come la violenza di genere e il femminicidio siano trasversali. Come siano presenti a tutte le latitudini e in tutte le classi sociali. E a ricordarci che anche se non siamo direttamente coinvolti, come carnefici o vittime, ci riguardano molto da vicino, in quanto esseri umani».
Il libro
« “Ferite a morte” nasce dal desiderio di raccontare le vittime di femminicidio. Ho letto decine di storie vere e ho immaginato un paradiso popolato da queste donne e dalla loro energia vitale. Sono mogli, ex mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex fidanzate che non sono state ai patti. Che sono uscite dal solco delle regole assegnate dalla società. Che hanno pagato con la vita questa disubbidienza» – scrive Serena Dandini.
«Così mi sono chiesta: “E se le vittime potessero parlare?”. Volevo che fossero libere, almeno da morte, di raccontare la loro versione. Nel tentativo di ridare luce e colore ai loro opachi fantasmi. Desideravo farle rinascere con la libertà della scrittura. E Trasformarle da corpi da vivisezionare in donne vere, con sentimenti e risentimenti. Ma anche, se è possibile, con l’ironia, l’ingenuità e la forza sbiadite nei necrologi ufficiali. Donne ancora piene di vita, insomma.
“Ferite a morte” vuole dare voce a chi da viva ha parlato poco o è stata poco ascoltata. Con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi. Ma non mi sono fermata al racconto. Con l’aiuto di Maura Misiti, che ha approfondito l’argomento, ho provato anche a ricostruire le radici di questa violenza. Come illustrano le schede nella seconda parte del libro, i dati sono inequivocabili. L’Italia è presente e in buona posizione nella triste classifica dei femminicidi. Ed è presente con una paurosa cadenza matematica, il massacro conta una vittima ogni due, tre giorni».
«…Dietro le persiane chiuse delle case italiane si nasconde una sofferenza silenziosa. L’omicidio è solo la punta di un iceberg di un percorso di soprusi e dolore che risponde al nome di violenza domestica. Ma tanto si può ancora fare». afferma l’autrice. E conclude con un un monito e un invito. «Finché anche in Italia il tema non sarà al primo posto della famosa agenda di qualsiasi nuovo governo, le donne non si fermeranno. E si faranno sentire con ogni mezzo. Mi auguro che “Ferite a morte” diventi uno di questi».
Teatro senza quartiere
Il recital si inserisce nel progetto pluriennale “TEATRO SENZA QUARTIERE/ per un quartiere senza teatro” 2017-2022. Progetto a cura del Teatro del Segno con la direzione artistica di Stefano Ledda. In collaborazione con la Parrocchia di Sant’Eusebio di Cagliari e con il patrocinio e il sostegno del Comune di Cagliari e della Regione Autonoma della Sardegna. E ancora, la collaborazione preziosa con il main sponsor TECNOCASA di Roberto Cabras, che sosterrà l’intero progetto quinquennale. Il fondamentale supporto dello sponsor 2018 Fratelli Argiolas carpenteria metallica, grazie al quale sono stati realizzati alcuni degli adeguamenti tecnici del palcoscenico e del teatro.
“Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo accorti”: inizia così, con una delle frasi emblematiche del libro, “Frammenti – Ni una más”, il recital firmato Teatro del Segno e Teatro Impossibile tratto da “Ferite a morte” di Serena Dandini (Rizzoli editore). Première stasera, mercoledì 25 novembre alle 21 in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne.
Le donne: protagoniste in vita e sul palco
Donne diversissime, dalla casalinga arsa viva dal consorte, alla fanciulla sgozzata perché innamorata del ragazzo “sbagliato”, la moglie colta di sorpresa quando il marito, dopo anni di minacce, ha deciso di passare ai fatti e la giovane perseguitata da un ex fidanzato, fino all’ultimo, fatale appuntamento. E ancora la signora snob che non riesce a capacitarsi di essere finita in mezzo a quelle “poveracce” e la poetessa e attivista messicana Susana Chávez Castillo, evocata attraverso i suoi versi, trucidata nella sua Ciudad Juarez. “Storie di donne uccise da mariti e fidanzati, ma anche padri e fratelli, uomini che non hanno saputo accettare un abbandono o un rifiuto e le hanno “punite” per la loro “disubbidienza” – racconta il regista Stefano Ledda – di fronte a questa strage “annunciata” non si può restare in silenzio”. “Frammenti – Ni una más”, è inserito nel calendario di “Feminas. Cagliari contro la violenza”.