Sono oltre mille le indagini aperte in Italia per revenge porn.
Il reato che punisce la “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. A un anno dall’entrata in vigore del Codice Rosso, il pacchetto di misure voluto da Alfonso Bonafede contro la violenza di genere.
Sono espressioni della lingua inglese che indicano la condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite internet senza il consenso dei protagonisti degli stessi. In alcuni casi, le immagini sono state immortalate da un partner intimo e con consenso della vittima. In altri addirittura senza che la vittima ne fosse a conoscenza.
Il dato è contenuto nel report realizzato dallo stesso ministro della Giustizia e presentato in streaming. Con la partecipazione all’evento del premier Giuseppe Conte, della ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti. E di Valeria Valente presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere.
In particolare, sono 1.083 le inchieste aperte per revenge porn, di cui: 121 richieste di rinvio a giudizio. 226 richieste di archiviazione. 8 sentenze emesse, di cui: 2 condanne con rito abbreviato. 3 patteggiamenti 1 condanna in Tribunale. 2 proscioglimenti e 3 processi conclusi in Tribunale, 13 ancora in corso.
Intanto con uno storico verdetto, applicando l’orientamento tracciato a luglio dalla Corte di giustizia Ue, la Cassazione ha riconosciuto il diritto di una donna che aveva subito violenza sessuale. La questione del mancato risarcimento era finita davanti ai giudici comunitari. Il nostro Paese non ha recepito la direttiva Ue sul mancato indennizzo alle vittime.
https://www.unicaradio.it/2020/05/come-funziona-il-revenge-porn-su-telegram/