I delfini possono rallentare la propria frequenza cardiaca prima di immergersi e possono regolarla in base al tempo che vogliono stare sott’acqua
I delfini possono rallentare la propria frequenza cardiaca prima di immergersi. E ancora, possono regolarla in base al tempo che vogliono stare sott’acqua. Questa la scoperta effettuata da un team di ricercatori che ha pubblicato il proprio studio sulla rivista Frontiers in Physiology.
I ricercatori hanno analizzato i comportamenti in cattività di tre tursiopi maschi (Tursiops truncatus). Questi ultimi erano stati prima addestrati a trattenere il respiro per periodi di tempo programmati e diversi dietro apposito comando. In questo modo i ricercatori potevano essere sicuri del tempo che gli stessi animali passavano sott’acqua trattenendo il fiato.
A spiegarlo è Andreas Fahlman, ricercatore della Fundación Oceanogràfic di Valencia. Quando veniva chiesto ai delfini di trattenere il respiro per immergersi, il loro battito del cuore diventava meno veloce. Questo accadeva prima oppure immediatamente quando iniziavano l’apnea. E, per le apnee più lunghe, riducevano la loro frequenza cardiaca ancora più velocemente. Sono risultati che confermano che diversi animali possono cambiare consapevolmente la loro frequenza cardiaca per adattarsi alle immersioni.
Frequenza cardiaca come il nostro respiro
“I delfini hanno la capacità di variare la loro riduzione della frequenza cardiaca. Questo succede come quando noi umani decidiamo di ridurre la velocità con cui respiriamo”, spiega ancora Fahlman. Si tratta di una capacità unica. Al contempo però necessaria per le lunghe immersioni a cui questi mammiferi marini sono abituati. In questo modo riescono a preservare l’ossigeno necessario da utilizzare quando si trovano sott’acqua e possono evitare la cosiddetta malattia da compressione.
In più, secondo lo stesso ricercatore, i suoni prodotti dall’uomo sotto il mare, prime fra tutti le esplosioni sottomarine per le esplorazioni petrolifere, possono avere un impatto sulla salute di questi animali in relazione proprio alla loro decompressione. Un suono insolito, secondo i ricercatori, può infatti far fallire la capacità di regolare la frequenza cardiaca dei delfini.
I ricercatori sono riusciti ad effettuare questa scoperta con soli tre delfini addestrati in una condizione di estrema fiducia tra gli stessi addestratori e gli animali nonché in un ambiente sicuro in cui gli animali avevano già familiarizzato. Per misurare la funzione polmonare dei delfini e il loro battito cardiaco hanno usato particolari sensori elettrocardiografici sul corpo degli animali.