Il sessismo nelle pubblicità

Cultura attenta al genere: il sessismo nelle pubblicità

Il percorso verso una cultura più attenta al genere è lungo e richiede un cambiamento culturale profondo; in esso, i media possono diventare soggetti importanti

Per molti anni la comunicazione ha utilizzato un’immagine del genere femminile che non ha aiutato il cambiamento. Da un lato ha proposto un canone estetico che celebra la bellezza quale valore assoluto. Dall’altro ha contribuito a consolidare alcuni stereotipi. Ciò rappresentando la donna prevalentemente in immagini che tendono a ridurre la stessa a oggetto passivo e di desiderio maschile.

I valori trasmessi

In pubblicità vengono trasmessi intenzionalmente anche valori, immagini, concetti di amore e sessualità, di successo e romanticismo. Aspetti che creano ideali e definiscono quindi cosa siamo e cosa dovremo essere.

Molte ricerche hanno dimostrato che le immagini di donne idealizzate non solo influiscono negativamente sull’autostima del genere femminile, ma influiscono anche sulla percezione che gli uomini hanno sulle donne. Esiste una comunicazione sessista subliminale. La tattica è quella di restare sotto la soglia di percezione cosciente per attirare l’attenzione dello spettatore con richiami sessuali. Si ricorre al sesso perché può funzionare in ogni momento della giornata e su un ampio spettro di età.

Il sessismo nelle pubblicità

È stato spesso affermato che la pubblicità sia lo specchio della società in cui si vive e che ne rappresenti, le idee e i valori comunemente condivisi. Se così fosse, analizzando i contenuti proposti da alcune campagne pubblicitarie, qualcuno potrebbe sollevare dei dubbi sulla direzione che la nostra società pare stia prendendo. Soprattutto in un periodo in cui una grave questione sociale quale il femminicidio e la violenza di genere riempie tristemente tutte le prime pagine dei giornali. Tuttavia, una buona parte dell’opinione pubblica continua ad accettare la divulgazione di pubblicità che sviliscono la figura femminile. E inoltre, accettano di far passare una serie di valori etichettabili come sessisti.

Ma quando una pubblicità può essere definita sessista? Qual è il limite da non superare?  In realtà, sarebbe più corretto parlare di più forme di sessismo. Esso può riguardare la mera mercificazione del corpo della donna, riducendola a puro oggetto del piacere maschile. Sino alla stereotipizzazione del ruolo che le donne ricoprono nella società, siano queste madri e casalinghe o segretarie d’ufficio. Un possibile esempio noto a tutti del primo caso è la onnipresenza di modelle sensuali ed accaldate negli spot degli operatori di telefonia mobile. Per il secondo caso, si può ricordare lo spot delle famose sottilette in cui la bambina vede come massima aspirazione personale il vestirsi come la madre e preparare il pranzo per gli uomini di casa.

Esistono poi tipologie ben più serie, il cui obiettivo di partenza è proprio quello di scandalizzare lo spettatore. Questi messaggi abbondano di doppi sensi, allusioni sessuali e donne sottomesse. O addirittura rese schiave, completamente assoggettate alla volontà e ai desideri dell’uomo.

Perché si fa comunicazione sessista? Il sesso come strumento per ottenere l’attenzione è una soluzione delle più facili. Non richiede creatività nell’autore e intelletto nello spettatore.

About Ylenia Iannelli

Nata in Svizzera e cresciuta tra Calabria e Sardegna. Studentessa di Beni Culturali e Spettacolo con indirizzo archeologico, appassionata di lettura e serie tv. Nel tempo libero volontaria presso un'Associazione di Protezione Civile e instancabile partecipante di corsi di apprendimento, dai corsi salvavita ai lavori più disparati.

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