Precise funzioni cellulari che, sembrano riattivarsi nell’intestino dei bambini affetti da malattia di Crohn, sono state individuate da un team di ricercatori dell’Università di Cambridge e del Wellcome Sanger Institute.
I ricercatori ci sono riusciti monitorando, con dettagli senza precedenti, le fasi più precoci dello sviluppo dell’intestino già all’interno del feto. Dunque, ancor prima della nascita, e comparando queste osservazioni con quelle effettuate sui bambini con malattia di Crohn. I risultati sono stati pubblicati in uno studio sulla rivista Developmental Cell.
Che cos’è?
La malattia di Crohn è una malattia intestinale di natura infiammatoria, diventata più comune soprattutto nel corso degli ultimi decenni. Può diventare più grave nei bambini che possono soffrire, tra i vari sintomi, di forti dolori addominali, diarrea e stanchezza. Si tratta di una malattia permanente. E non esiste una cura e, quindi, questi sintomi possono influenzare l’intera vita.
Sequenziamento dell’RNA e analisi dell’epitelio intestinale
Per questo studio i ricercatori hanno usato una tecnologia denominata sequenziamento dell’RNA a cellula singola. In questo modo, sono riusciti ad analizzare le espressioni geniche nelle singole cellule dell’intestino dei feti, da 6 a 10 settimane a seguito del concepimento.
Hanno concentrato la loro attenzione soprattutto sull’epitelio intestinale, il rivestimento interno dell’intestino. Hanno scoperto che gruppi di cellule si dividono in modo costante, durante questa fase iniziale, guidate da altre tipologie di cellule. Si tratta di un processo fondamentale per la crescita corretta dell’intestino.
Analisi nei bambini con malattia di Crohn e risultati
Analizzando poi gli stessi tessuti intestinali dei bambini con un’età tra i 4 e i 12 anni con la malattia di Crohn, i ricercatori hanno notato che alcune di queste vie cellulari sembravano riattivate. Si tratta di percorsi cellulari che, nei bambini di sani senza questa malattia, non erano attivi.
Si parla di risultati interessanti che potrebbero rivelarsi utili per una eventuale terapia. Anche se i ricercatori non sanno se questa differenza che hanno scoperto possa essere considerata come una causa della malattia di Crohn, si tratta in ogni caso di un passo entusiasmante.