Se nei mesi prima del lockdown qualcuno ci avesse prospettato lo scenario che abbiamo vissuto e stiamo vivendo ancora oggi, lo avremmo deriso. E gli avremmo consigliato di lasciar perdere la fantascienza.
Invece sappiamo fin troppo bene com’è andata a finire e ora ci troviamo a tirare le somme. E, soprattutto, a fronteggiare l’ampia varietà di conseguenze che questa imprevista ed estrema condizione di vita ha determinato.
Tra i regali che lo stravolgimento delle nostre abitudini di vita ci ha consegnato, la cefalea è sicuramente uno dei meno graditi. Dopo oltre due mesi di segregazione forzata qualcuno la testa ha iniziato a perderla ma, per quelli che ce l’hanno ancora attaccata, la questione è che la testa fa male sempre più spesso.
Il problema non coinvolge soltanto la popolazione che già in precedenza era afflitta dalla cefalea (gli emicranici, ad esempio). Ma anche coloro che fino a poco tempo fa con compiaciuta soddisfazione dicevano “io non so cosa sia il mal di testa, mai avuto uno in vita mia”.
Lo stravolgimento improvviso e inatteso durante il lockdown dei nostri usuali ritmi di vita e la conseguente acquisizione di abitudini non sempre sane sono alla base dell’ “epidemia cefalalgica” che ha affiancato quella virale.