E se si potesse immagazzinare l’energia solare nei mesi estivi, quando il sole troneggia nel cielo, per poterla poi utilizzare con calma a durante i mesi invernali e autunnali?
È la domanda che evidentemente si sono fatti alcuni ricercatori della Lancaster University. Che, in un nuovo studio pubblicato su Chemistry of Materials, parlano di una “struttura metallo-organica” (MOF) che riesce a fare proprio questo con l’energia.
Questa struttura tridimensionale, fatta di ioni metallici, può assorbire la luce ultravioletta e immagazzinare la relativa energia per più di quattro mesi. La stessa energia può poi essere rilasciata sotto forma di calore.
Come spiega John Griffin, un docente dell’Università inglese nonché uno degli autori dello studio, si tratta di un materiale che “funziona un po’come i materiali a cambiamento di fase”, di quelli che a volte si utilizzano nei cosiddetti “scaldamani”.
I ricercatori si sono concentrati soprattutto su un MOF ideato da un team di scienziati dell’Università di Kyoto, conosciuto anche come DMOF1. Grazie ai pori della sua struttura, questo MOF, una volta caricato con molecole di azobenzene, comincia ad assorbire in maniera molto efficiente la luce. Queste molecole, infatti, fanno da “fotoswitch”: possono cambiare forma quando viene applicato uno stimolo esterno sotto forma di luce o calore.
Sottoposto alla luce ultravioletta questo materiale comincia ad immagazzinare l’energia solare come fa una molla piegata. Questa stessa energia può essere poi dispiegata e dunque diffusa una volta riapplicato uno stimolo esterno. Il rilascio è rapidissimo, proprio come una molla che viene rilasciata.
Si tratta di un metodo che potrebbe essere davvero utile in quei posti, ad esempio nei luoghi più remoti, dove c’è bisogno di un riscaldamento suppletivo durante i mesi più freddi oppure per riscaldare altri oggetti o materiali.