Alcune specie marine sono pressoché scomparse. La popolazione del tonno rosso del Pacifico è una di queste, ma non la sola.
Negli ultimi anni ha subito un crollo del 97 per cento. Questo e molti altri sono i gravi danni della pesca.
Siamo troppi e consumiamo risorse ad un ritmo superiore a quello richiesto dal nostro Pianeta per ricostituirle.
Un problema importante, che dovrebbe farci preoccupare, ma che nessuno sembra avvertire: finché gli scafali e i banchi frigo dei supermercati saranno pieni avremo infatti la sensazione stia andando tutto bene. Ma non è così.
Le superfici coltivabili sono sempre meno, le produzioni agricole più esigue e gli oceani decisamente più vuoti. Ebbene sì, anche i nostri mari sono in pericolo, ma forse il fatto di non poter andare a controllare personalmente gli stock ittici ci rende meno consapevoli dei reali pericoli.
La pesca intensiva sarebbe responsabile della drammatica riduzione delle riserve ittiche mondiali.
Gli unici che hanno facoltà di tutelare questo immenso patrimonio, che a dirla tutta viene sfruttato quasi in esclusiva da pochissimi paesi industrializzati, sarebbero i governi.
Questi, tuttavia, risultano insensibili. Anzi, stanno annunciando in pompa magna l’intenzione di “vietare” l’erogazione degli incentivi statali per promuovere la pesca intensiva.
E valutano un prossimo aumento dei sostegni finanziari destinati alle attività di pesca.
Uno studio condotto da un team di ricercatori dell’University of British Columbia ha voluto analizzare la situazione. Nella speranza di sensibilizzare il maggior numero possibile di persone e istituzioni.
Per farlo ha considerato la situazione di 152 Paesi e quanto scoperto lascia a dir poco sgomenti. Le nazioni geograficamente lontane dagli oceani, infatti, avrebbero elargito qualcosa come 22 miliardi di dollari (il 63 per cento dei sussidi riservati all’industria della pesca) a una infinità di imprese che, spesso incuranti dei divieti, avrebbero cagionato agli ecosistemi marini danni incalcolabili.
Gli incentivi erogati, evidenziano gli esperti dell’University of British Columbia, sarebbero persino in aumento. In appena 10 anni i finanziamenti elargiti sono cresciuti del 6 per cento, e hanno agevolato ulteriormente pratiche non sostenibili.