“Lasciar andare” per “accogliere”: le due facce dell’accettazione
Queste poche righe, tratte “Io sono quello” di Sri Nisargadatta Maharaj (2001) esprimono con chiarezza l’essenza dell’accettazione, nella sua doppia declinazione: la capacità di “lasciar andare”, da un lato, e quella di “accogliere” dall’altro, vanno difatti concepite come le due facce di un’unica medaglia!
“Lasciar andare”, significa non forzare le cose. Lasciare che “fluiscano” naturalmente, consapevoli del fatto che lottare insistentemente per qualcosa da cui, siamo certi, non trarremo frutti, può precluderci la scoperta di nuovi traguardi, nuove cose o persone che potrebbero renderci felici. Comporta quindi l’accettazione del fatto che alcune cose “sono come sono” e che giudicarle o tentare di cambiarle (quando non se ne ha il potere o semplicemente il diritto), comporterebbe un inutile spreco di energie.
“Accogliere”, invece, vuol dire approcciarsi al presente con apertura e curiosità, in modo da concedersi l’opportunità di sperimentare “il nuovo” senza alcun pregiudizio. Non solo, vuol dire prendersi cura delle proprie emozioni, anche quando spiacevoli, poiché generate dalla presa di consapevolezza che un nostro scopo, si sia definitivamente compromesso. Riuscire a non farsi limitare da ciò si prova, consente di vedere più chiaramente la situazione che si sta vivendo e di trovare possibili soluzioni in maniera equilibrata e flessibile.
Attenzione! Accettare non significa rassegnarsi.
L’accettazione non ha nulla a che vedere con la scelta obbligata di “sopportare” passivamente ogni cosa. Piuttosto con la capacità di osservare la realtà dalla giusta prospettiva, affinché la si possa affrontare in maniera attiva. La vera accettazione offre quindi l’opportunità di guardare il mondo con occhi diversi. Inoltre, di assumere un ruolo attivo nella propria vita, passando dal ruolo di “spettatori”a quello di “protagonisti”. Accettando, abbandoniamo la pretesa di cambiare “l’immodificabile”, per trovare altre strade, concentrandoci sui noi stessi. Sui nostri progetti e su ciò che può migliorare la qualità della nostra vita. La rassegnazione, al contrario, implica la continua speranza che, prima o poi, quella situazione o quella persona a cui siamo legati, possa cambiare; non solo, la passività che essa comporta, ci rende vittime delle circostanze, portandoci a credere di non essere padroni del nostro destino.