Da settembre del 2003 il telescopio fu messo ad osservare, per varie centinaia di ore, una sola porzione di cielo quasi scelta caso. Per la quale non era mai stato individuato niente di interessante. Ne risultò una delle immagini ancora oggi più iconiche. Piena di decine di migliaia di galassie distanti milioni o addirittura miliardi di anni luce ed osservabili molto nitidamente.
Il nuovo telescopio spaziale Nancy Grace Roman potrebbe dunque fare ancora meglio con un “campo ultra profondo”. Che potrebbe permetterci di racchiudere, in una sola immagine, ancora più galassie. Nel comunicato si parla di milioni di galassie in una sola immagine, evidentemente molte delle quali grandi quanto un pixel o poco più. Molte visibili ancora più nitidamente rispetto all’immagine di Hubble e in una porzione di cielo ancora oggi mai analizzata approfonditamente.
Al di là di nuove immagini iconiche che di sicuro desteranno l’interesse della stampa quando saranno rese pubbliche.
Il nuovo telescopio spaziale Nancy Grace Roman permetterà di fare passi avanti in numerose aree dell’astronomia e dell’astrofisica
Permettendoci di dare uno sguardo ai veri confini dell’universo osservabile e alle galassie primordiali, le prime galassie formatesi dopo il big bang. Cosa che ci permetterà di capire ancora di più come le stesse galassie tendono a raggrupparsi nello spazio e molte altre cose.
“Come concetto di scienza della comunità, potrebbero esserci interessanti ritorni scientifici dalle osservazioni sul campo ultra profonde del Roman. Vorremmo coinvolgere la comunità astronomica a pensare ai modi in cui potrebbe trarre vantaggio dalle capacità del Roman”. Spiega Anton Koekemoer, un astronomo dello Space Telescope Science Institute di Baltimora. Uno di quelli che ha presentato l’idea della realizzazione di un nuovo campo ultra-profondo con il nuovo telescopio spaziale alla 237º incontro dell’American Astronomical Society.
“Il potenziale di scoperta consentito dagli enormi set di dati della missione del Roman potrebbe portare a scoperte rivoluzionarie nella nostra comprensione dell’universo, al di là di ciò che potremmo attualmente immaginare”, spiega ancora Koekemoer.
“Questa potrebbe essere l’eredità duratura di Roman per la comunità scientifica: non solo nel rispondere alle domande scientifiche che pensiamo di poter affrontare, ma anche nuove domande a cui dobbiamo ancora pensare”.
https://www.unicaradio.it/2020/11/quanto-e-denso-il-vuoto-dello-spazio/