WWF: circa due terzi della deforestazione globale, tra il 2000 e il 2018, sono avvenuti in aree tropicali e sub-tropicali.
A confermarlo il nuovo studio globale pubblicato dal WWF dal titolo: “Fronti di deforestazione: cause e risposte in un mondo che cambia”. Esso identifica e analizza i 24 principali fronti di deforestazione concentrati in 29 Paesi di Asia, America Latina e Africa. I quali custodiscono una superficie forestale di 377 milioni di ettari.
8.000 anni fa, circa la metà della superficie terrestre era occupata da foreste. Oggi quest’area si è ridotta al 30% e la deforestazione continua a ritmi vertiginosi. Soprattutto nei luoghi che ospitano alcune delle comunità umane più vulnerabili al mondo e dove si concentra una elevata biodiversità in pericolo. Tra il 2004 e il 2017 oltre il 10% della superficie forestale entro i confini dei 24 fronti di deforestazione è andato perduto, si tratta di circa 43 milioni di ettari.
Mentre quasi la metà della foresta ancora in piedi – circa il 45% – ha subito frammentazioni. Solo nel Cerrado brasiliano, che ospita il 5% delle specie animali e vegetali del pianeta, ad esempio, i terreni sono stati rapidamente deforestati. Il tutto per l’allevamento del bestiame e la produzione di soia con la conseguente perdita di un terzo (il 32,8%) della sua superficie forestale tra il 2004 e il 2017.
Per ognuno dei 24 fronti analizzati, il WWF ha definito e stimato l’andamento delle cause che sono alla base della cancellazione degli ecosistemi naturali terrestri. Inoltre valutato le risposte messe in campo da governi e altri soggetti, analizzandone l’efficacia. Ha anche evidenziato come l’influenza dei diversi fattori e attori tende a cambiare nel tempo e a variare da una regione all’altra. Soprattutto a seconda dei cambiamenti politici e della domanda del mercato.
L’agricoltura prima causa della deforestazione
L’agricoltura che soddisfa la domanda del mercato rimane la prima causa di deforestazione, soprattutto in America Latina e in Asia. Mentre aumenta la pressione dei piccoli coltivatori, specialmente in Africa. L’estrazione del legname (sia in forma legale che illegale) ha generalmente ridotto la sua importanza come motore primario del degrado e della perdita di foreste, nonostante spesso preceda la deforestazione per altri scopi e rimanga un fattore significativo in alcuni Paesi.
La deforestazione si accompagna spesso alla crescente espansione delle reti stradali, che collegano le zone di sfruttamento a quelle adibite all’esportazione e al rifornimento dei mercati interni. Ma i fronti si espandono anche a causa della pressione delle operazioni minerarie non industriali e dell’aumento degli insediamenti umani all’interno degli ecosistemi naturali. Ulteriori pressioni sulle foreste nascono poi dall’accaparramento di terreni di proprietà pubblica, guidato dalla speculazione, approfittando delle incertezze delle proprietà e di una governance nazionale debole.
Circa due terzi della deforestazione globale, tra il 2000 e il 2018, sono avvenuti in aree tropicali e sub-tropicali. A confermarlo il nuovo studio globale pubblicato dal WWF dal titolo: “Fronti di deforestazione: cause e risposte in un mondo che cambia”, che identifica e analizza i 24 principali fronti di deforestazione concentrati in 29 Paesi di Asia, America Latina e Africa, e che custodiscono una superficie forestale di 377 milioni di ettari (circa un quinto della superficie forestale totale ricompresa nei paesi delle zone tropicale e sub-tropicale).