Dopo la prima dose si perde rapidamente l’immunità, se non si fa nei giusti tempi la seconda. Con perdita di denaro, efficacia e vite
In un recente articolo su La Repubblica, Antonio Cassone (membro dell’American Academy of Microbiology) ha spiegato perché sia necessario non far passare più tempo del previsto tra la somministrazione della prima e della seconda dose di vaccino anti-covid.
“Continuano ad apparire sui media proposte […] per l’uso […] di una singola dose del vaccino Covid-19, dilazionando il richiamo con la seconda dose a 120 giorni rispetto ai previsti 21 e 28 giorni“, osserva Cassone. In questo modo si vorrebbe proteggere al più presto possibile dalla malattia il maggior numero di persone.
Tuttavia il ricercatore, e molti suoi colleghi esperti di vaccini e vaccinazioni, sono fortemente contrari al distanziamento tra le dosi.
La singola dose protegge troppo poco
I dati di Pfizer e Moderna sono chiari: la protezione associata alla singola dose si situa fra 29,5 e 62,4%. È quindi molto probabile che non si raggiunga la soglia del 50%, il valore minimo che gli organismi regolatori (sia pur di manica larga) avrebbero accettato per l’uso emergenziale. Invece, l’efficacia di questi vaccini a 14 giorni dalla seconda dose è pari o superiore al 90%.
Distanziare le dosi fa perdere l’immunità e sprecare tempo e denaro
“Ritardare la seconda dose, quella che assicura la necessaria elevata efficacia del vaccino, ci fa rischiare la totale perdita della poca protezione ottenibile con la prima dose”, avverte Cassone.
Secondo Paul Offit, uno dei massimi esperti americani che guidano le decisioni dell’Organo regolatorio statunitense Fda, l’immunità acquisita con una dose singola decade rapidamente. Ci sono peraltro molte evidenze nei soggetti infetti circa la perdita di immunità acquisita con l’infezione dopo pochissimi mesi. E sappiamo che l’immunità conferita dal superamento della malattia è in genere più elevata di quella conferita dalla vaccinazione.
Invece di guadagnare tempo ed allargare la platea dei beneficiari della vaccinazione, in realtà si avrebbe un grande spreco di vaccino, tempo e denaro.
In caso veramente si dilazionassero le dosi, fondamentale informare la popolazione
L’unica certezza, al momento, è che l’efficacia del vaccino, con le due dosi a distanza di 21 o 28 giorni, è pari o superiore al 90%. “Se si ritarda la seconda dose, sarebbe giusto informare la persona che riceve il vaccino che ha una elevata probabilità di non essere protetto [durante] i susseguenti 120 giorni ed ha anche una probabilità, non quantificabile al momento, di perdere in parte o in tutto il pur parziale beneficio della prima dose”, ammonisce il ricercatore italiano.
Il caso del Regno Unito
“L’esempio portato dal Regno Unito che, per inciso sta in una situazione epidemiologica particolarmente grave, non credo possa adattarsi alla nostra situazione”, spiega Cassone. “Stanno usando un vaccino, quello di Astra-Zeneca, che né l’EMA né l’FDA hanno ancora approvato, a dimostrazione che lì stanno usando criteri più lassi per l’approvazione e l’uso dei vaccini in questa speciale situazione”.
Il loro, quindi, non è l’esempio da seguire, visti i loro criteri e posto che, al momento, non vi è alcuna evidenza che l’uso di una dose singola stia di fatto ed efficacemente immunizzando gli inglesi.
Il consiglio del ricercatore
“Fin quando non potremo vaccinare tutti per bene, cerchiamo di aggredire la pandemia coi nostri comportamenti […]: distanziamento, mascherina, igiene [e rispetto delle] misure di lockdown”. Cassone conclude spronando ad effettuare “diagnosi corrette ed ampie”, a tracciare i contatti, e a mettere “gli ospedali e gli operatori sanitari in condizione di lavorare al meglio”.