La mantide religiosa è nota per il particolare rito di accoppiamento, solito terminare con la femmina che mangia il maschio. Una specie si supera nella crudeltà.
Molte specie di mantide religiosa hanno una modalità di accoppiamento abbastanza particolare che, nel 60% dei casi, finisce con la femmina che mangia il maschio ancor prima dell’inizio dell’atto stesso. Ed è proprio per questo che i maschi sono soliti scegliere la femmina con la quale accoppiarsi con estrema cura e molte volte distraggono la femmina stessa prendendola di soppiatto oppure facendolo trovare uno spuntino poco prima dell’inizio dell’accoppiamento, giusto per distrarla e tenere a bada la fame.
Una specie di mantide che aggiunge crudeltà alla crudeltà
Un nuovo studio apparso sulla rivista Biology Letters prende in considerazione proprio il “cannibalismo sessuale pre-copulatorio”. Questa caratteristica si rivela molto pronunciata in una specie di mantide, la Miomantis caffra, originaria dell’Africa meridionale ma diffusasi anche in Nuova Zelanda nonché in varie aree dell’Europa meridionale e della California.
In questa specie si va oltre: prima dell’accoppiamento eventuale le due parti entrano in un vero proprio conflitto fisico con una lotta violenta che si scatena tra il maschio la femmina, uno scontro in cui ognuno cerca di essere il primo ad afferrare l’altro con le rapaci e potenti zampe anteriori.
Se sono i maschi a riuscire ad eseguire la presa, non uccidono le femmine, le feriscono con gli arti anteriori, rendendole più deboli e atte ad accettare l’accoppiamento stesso. Se sono le femmine a vincere questo scontro, mangiano il maschio, acquisendo importanti nutrienti. Il fatto è che le femmine non hanno bisogno di accoppiarsi per replicarsi: possono infatti riprodursi asessualmente producendo dei veri e propri cloni di se stessi nel caso non riescano ad accoppiarsi.
La ricerca è solo iniziata
Ora la domanda sorge però spontanea: se la femmina riesce replicarsi da sola e non ha bisogno del maschio perché in questa specie il maschio esiste ancora? Questo è ciò che si chiede anche l’autore principale dello studio Nathan Burke, un entomologo dell’Università di Auckland, esperto dell’accoppiamento tra le mantidi. È proprio per questo che il ricercatore sta continuando a studiare questa specie magari per acquisire ulteriori importanti informazioni che possano dare una risposta a questa domanda.