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Covid e terapie intensive: a chi dare l’ultimo letto?

“Quando le risorse sono limitate bisogna scegliere chi ha più possibilità di sopravvivere”. Intervista ad Alberto Giannini, primario anestesista a Brescia

La pandemia da Sars-CoV-2 ha determinato, una drammatica disparità tra l’elevato numero di persone bisognose di cure e la scarsa disponibilità di risorse sanitarie adeguate. Questo ha sollecitato riflessioni etiche e cliniche sui criteri di priorità da utilizzare qualora si verifichi l’impossibilità di garantire cure intensive a tutti. Lunedì scorso l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il documento messo a punto dalla Siaarti e dalla Simla. Questo fissa regole e introduce alcune novità rispetto alle prime raccomandazioni, elaborate dalla Siaarti lo scorso 6 marzo. Una tra tutte: l’età non può essere l’unico criterio di scelta ma devono essere valutati e integrati più elementi di valutazione clinica.

“Non c’è un’etica per i tempi “ordinari” e un’altra per i tempi “straordinari” – chiarisce Alberto Giannini, primario dell’unità operativa di Anestesia e Rianimazione pediatrica agli Spedali Civili di Brescia, che aveva partecipato alla difficile stesura del precedente documento – la complessità degli eventi, e in particolare di questa pandemia, non può sconvolgere i principi etici e i valori di riferimento”.

Partiamo da qui: oggi è ancora necessario dover scegliere chi curare?

“Come uomo, come medico e come cittadino vorrei non fosse cosi, ma devo riconoscere che, in alcune regioni e in alcune circostanze, possa rendersi inevitabile che non tutti i pazienti riescano a ricevere i trattamenti sanitari di cui hanno bisogno. Ma tali scelte drammatiche diventano giustificabili ed eticamente accettabili solo dopo che tutti i soggetti coinvolti a livello locale, regionale e nazionale hanno compiuto ogni possibile sforzo per trovare concrete soluzioni alternative, per aumentare la disponibilità di risorse e per trasferire i pazienti verso centri che hanno la possibilità di accoglierli”.

Non è la prima volta che la medicina si trova a riformulare criteri e protocolli per rispondere alla domanda: Chi salvare prima?

“No, è vero. Riflessioni simili sono state avanzate in passato quando occorreva stabilire i criteri per l’assegnazione di farmaci come l’insulina o i primi antibiotici, o ancora i primi i sistemi di dialisi renale, o più recentemente i farmaci per trattare l’epatite C”.

Accade lo stesso ogni volta che si rendono disponibili degli organi per il trapianto

“E’ vero. Anche una risorsa scarsa e preziosa come gli organi da trapiantare è oggetto, ogni giorno e in tutto il mondo, di una valutazione molto delicata per selezionare il paziente ricevente. E in questa attenta valutazione, rientra ordinariamente anche l’età del ricevente, ma non solo”.
 

Questa pandemia però travalica i limiti dell’ordinario …

“E’ vero anche questo. Però il contesto drammatico e i tempi decisamente compressi in cui il processo decisionale si svolge durante una situazione di crisi non diminuisce in alcun modo la responsabilità etica individuale, né giustifica la creazione di una sorta di “porto franco” etico per chi, in questo contesto, è chiamato a prendere decisioni che sono nella maggior parte dei casi irreversibili”

Quali sono i criteri da usare nella scelta?

“Io sono dell’idea che il criterio di maggior valore sia il criterio del “successo clinico” (o “criterio prognostico”). Questo criterio, a mio modo di vedere, completa il principio della proporzionalità delle cure e permette di realizzare quello che è, in concreto, il “bene possibile” nelle specifiche e drammatiche circostanze che ci si trova ad affrontare”.

Che cosa intende con “bene possibile”?

“Personalmente ritengo che nel caso di una completa saturazione dei posti letto tale da determinare l’impossibilità di garantire le cure intensive a tutte le persone che ne hanno necessità, il criterio di maggior valore sia appunto quello del “successo clinico” in base al quale viene data priorità al paziente per il quale il trattamento ha la maggiore probabilità di successo. Portando all’estremo questo ragionamento, l’unica risorsa disponibile viene dunque utilizzata per trattare il paziente che ha maggiori probabilità di sopravvivere”.

In altre parole, l’obiettivo è non sprecare le risorse per chi ha meno possibilità di farcela.

“Di fronte a due persone che hanno il medesimo bisogno di cure, trattare il paziente con minori possibilità di sopravvivenza o utilizzare la “selezione casuale” vorrebbe dire vedere entrambi i pazienti morire, vanificando ogni possibile beneficio che le scarse risorse disponibili possono dare”

Il nuovo documento indica che è necessario ricorrere al triage, piuttosto che ad un criterio temporale (ordine di arrivo) o casuale (sorteggio).

“Nella valutazione dell’appropriatezza dei trattamenti intensivi devono essere considerati e integrati con grande attenzione molti parametri di tipo clinico. I criteri di tipo temporale (“first come, first served”) o l’assegnazione casuale (“random selection”), benché presenti anche nella riflessione del mondo bioetico, configurano un utilizzo “equo” delle risorse sanitarie solo apparentemente. In realtà, possono determinare per molti un cattivo utilizzo e uno spreco delle poche risorse disponibili”.

Secondo lei l’età può essere un criterio di scelta?

“La vita di ogni persona, quale che sia la sua condizione di salute e la sua età, ha sempre una pienezza di valore. Quando le risorse sanitarie sono  limitate l’età non può essere “il criterio”, ma deve essere “uno dei criteri” da considerare, unitamente alla valutazione di altri parametri quali il numero e il tipo di comorbilità; lo stato funzionale pregresso e le fragilità rilevanti rispetto alla risposta alle cure; la gravità del quadro clinico attuale; il presumibile impatto dei trattamenti intensivi, anche in considerazione dell’età del paziente e, ultima, ma non meno importante, la volontà della persona malata riguardo alle cure intensive. In caso di incapacità, deve essere verificata con attenzione l’eventuale presenza di disposizioni anticipate di trattamento”.
 

I risvolti etici sono importanti …

“Nell’ambito della terapia intensiva non è sempre così immediato e semplice applicare i principi etici che dovrebbero guidare il comportamento del medico. Per questo motivo credo sia necessario costruire per tempo un’adeguata formazione e una pacata riflessione in campo bioetico che possano rappresentare l’humus in cui si radica la quotidianità del lavoro del medico e dell’infermiere. Penso sia il modo migliore per onorare l’impegno che abbiamo preso di rispettare la vita e di metterci al servizio dell’umanità”.

Immanuel Kant diceva che le persone hanno una dignità, le cose un prezzo …

“L’allocazione di risorse limitate costituisce un dilemma intrinseco che è praticamente insolubile. Comunque lo si guardi, in medicina come altrove, comporta inevitabilmente un “conflitto di valori”. Se portiamo la mente su “La scelta di Sophie“, il libro di William Styron in cui una madre è chiamata a scegliere quale dei due figli intende salvare da Auschwitz, avremo l’immagine concreta di ciò che sono le “scelte dilemmatiche”. Questa donna non può non scegliere: se lo fa perderà entrambi i figli”.

Però il personale medico non è chiamato a decidere da solo, come Sophie.

“Credo che la responsabilità etica delle scelte inerenti l’allocazione di risorse limitate non riguardi unicamente il medico rimasto con il cerino in mano (in questo caso il medico intensivista o del triage), ma tutta la catena dei soggetti coinvolti a vari livelli, quindi anche quello organizzativo e, non ultimo, politico”.

About Simone Usai

Studente universitario presso Università di Cagliari, amante di libri e musica con passione per la ludica on the side.

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