C’è voluta una pandemia per mettere in luce la grave carenza di medici in Italia. Una lacuna che rischia di trasformarsi in una voragine: nei prossimi 10 anni andranno in pensione circa 70mila medici che non potranno essere sostituiti, se non in una piccola parte.
Per accedere alla facoltà di Medicina vige la regola ferrea del numero chiuso e dunque soltanto una minoranza degli aspiranti medici riuscirà a indossare il camice bianco. Lo scorso anno, già in piena pandemia, sono stati concessi 5mila posti in più per un totale di poco più di 13mila. Ma ancora troppo pochi se si pensa che a tentare il test si sono presentati in più di 66mila.
Test nazionale, tra l’altro, con la Sardegna dunque ancora più penalizzata, perché è sempre più frequente che negli atenei sardi si laureino giovani di altre parti d’Italia, che poi però per svolgere la professione rivarcano il Tirreno. Uno scenario che preoccupa non poco la Sardegna. Tanto che il rettore dell’università di Sassari, Gavino Mariotti, lancia due proposte.
«Innanzitutto, dobbiamo partire dal presupposto che è il ministero a imporre il numero chiuso e dunque abbiamo due possibilità che sono presenti anche nel mio programma – dice Mariotti –.
Il primo è un intervento immediato e a farsene carico deve essere la classe politica. I nostri parlamentari devono fare presente al ministro e al presidente del Consiglio che la Sardegna si trova in una situazione di grave emergenza. A superare il test è appena il 10 per cento dei sardi, qualche anno il dato migliora leggermente, ma resta sempre basso.
Trattandosi di una graduatoria nazionale non possiamo intervenire e dunque serve una deroga per la Sardegna». L’altra proposta targata Mariotti è a medio-lungo termine, ma lui ha già scritto al governatore Solinas. <<La Regione ha disposizione diversi fondi europei per la formazione e gli chiederò – anche a nome di Cagliari – di potere accedere a quei finanziamenti.>>