Il Ceo dell’azienda tedesca BioNtech ha spiegato perché è rischioso ritardare il richiamo dei vaccini Pfizer dopo la somministrazione della prima dose. Il pericolo è che la protezione iniziale contro il Covid-19 possa diminuire. “Se la seconda dose non arriva dopo tre settimane o quattro settimane o sei settimane”.
ESTERI 14 GENNAIO 2021 07:32di Ida Artiaco
Posticipare il richiamo del vaccino Pfizer-BioNtech contro il Coronavirus, che dovrebbe essere somministrato 21 giorni dopo la prima dose, potrebbe essere rischioso. A spiegare perché è il numero uno dell’azienda biotecnologica tedesca Ugur Sahin. Il pericolo è che la protezione iniziale contro il Covid-19 possa diminuire se la somministrazione della seconda dose del siero sarà ritardata. Dunque, ci sarebbe un problema proprio sull’efficacia del vaccino. I dati di cui l’azienda dispone indicano che la protezione inizia dopo 12 giorni. “Potrebbe diminuire se la seconda dose non arriva dopo tre settimane o quattro settimane o sei settimane”, ha aggiunto Sahin.
“Non dubito che avremo una spinta con la seconda dose indipendentemente dal fatto che siano tre settimane. Quattro o sei, perché sappiamo che da altri protocolli questo potrebbe essere possibile. – Ha aggiunto ancora il Ceo di BioNTech -. Siamo ovviamente a favore del fatto che la seconda dose venga somministrata non molto più tardi di quanto originariamente proposto”. Il vaccino Pfizer-BioNtech, indicato per tutti i soggetti a partire dai 16 anni d’età. E’ stato il primo ad ottenere l’approvazione degli enti regolatori in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Europa. Con questo vaccino procede anche la campagna vaccinale in Israele, primo paese al mondo per numero di dosi somministrate sulla base della popolazione residente.
Vaccini: Sahin cofondatore azienda
Sahin, cofondatore dell’azienda tedesca insieme alla moglie, Özlem Türeci, non è la prima volta che interviene sulla questione vaccini. Nei giorni scorsi aveva lanciato un appello spiegando al giornale Spiegel che “la situazione non è buona.
E’ nato un gap, perché i vaccini non sono stati approvati e noi dobbiamo coprire il buco con i nostri. Si tenta di avere nuovi partner che producano per noi ma non ci sono fabbriche specializzate, che non vengono utilizzate in giro per il mondo che possano produrre vaccini della qualità richiesta da un giorno all’altro”.
“Tuttavia – ha assicurato – entro la fine di gennaio noi avremo una visione più chiara se potremo produrre di più e quanto”. L’azienda ha poi annunciato che ha stimato di poter produrre “due miliardi di dosi” del suo vaccino anti-Covid entro la fine dell’anno dopo la recente decisione dell’Ema di autorizzare la somministrazione di sei dosi per flaconcino di questo prodotto invece di cinque: si tratta di un target notevolmente superiore a quello precedente di 1,3 miliardi di dosi.