Foibe: oggi il Giorno del Ricordo per non dimenticare la “pulizia etnica” del regime comunista di Tito
Una giornata per non dimenticare gli “infoibati” e le vittime delle persecuzioni, dei massacri. In ricordo anche delle deportazioni occorse in Istria, in Dalmazia e nelle province dell’attuale confine orientale durante la seconda guerra mondiale e negli anni immediatamente successivi.
Furono vicende «animate da un moto di odio e furia sanguinaria per un disegno annessionistico slavo che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica… La disumana ferocia delle foibe fu una delle barbarie del secolo scorso, in cui si intrecciarono in Europa cultura e barbarie» espresse nell’ondata di terrore jugoslavo in Friuli Venezia Giulia.
L’esodo istriano, noto anche come esodo giuliano-dalmata, è un evento storico; quest’ultimo consistito nella diaspora forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana che si verificò a partire dalla seconda guerra mondiale e negli anni ad essa successivi. Verificatasi dai territori del Regno d’Italia prima occupati dall’Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia.
Un grande esilio di italiani, croati e sloveni
Il fenomeno, susseguente agli eccidi noti come massacri delle foibe, coinvolse tutti coloro che diffidavano dal nuovo governo jugoslavo. Inoltre fu particolarmente rilevante in Istria, dove si svuotarono dei propri abitanti interi villaggi e città; vedendo anche numerosi croati e sloveni seguire gli italiani nell’esilio. Tuttavia coinvolse tutti i territori ceduti dall’Italia con il trattato di Parigi e, in misura minore, anche alcune aree litoranee della Dalmazia.
La sistematica e preordinata politica di pulizia etnica per eliminare la maggioranza italiana diede un forte impulso all’esodo; nello specifico tutti coloro che erano potenzialmente ostili all’annessione dell’Istria e di Fiume alla Jugoslavia e al nuovo regime comunista. Così come testimoniato dallo stesso Milovan Gilas, insieme a Edvard Kardelj incaricato direttamente da Tito di risolvere il problema “in un modo o nell’altro”, e alla conseguente assegnazione di larga parte di questi territori, in seguito al trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, alla nuova Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia.
Il regime di Tito
La popolazione italiana era considerata all’epoca da molti “titini” come ostile allo Stato jugoslavo progettato da Tito, quindi intollerabile. Il regime comunista di Tito procedette, fin dal 1943, ancor prima del termine delle ostilità, ad eliminare inizialmente gli elementi più compromessi con il Fascismo. In modo tale da instaurare successivamente un clima di terrore che coinvolse la massima parte del gruppo etnico italiano. Il regime realizzò rappresaglie, processi sommari, infoibamenti e altri atti di violenza contro l’incolumità delle persone. Violenze e sopraffazioni similari avvennero anche in altre zone occupate dalle truppe comandate da Tito.
Chi rimaneva senza aderire pienamente al nuovo regime, doveva fare i conti con l’angoscia di restare in territori non più italiani, sotto una forma di governo repressiva, o addirittura di rimanere apolide. Secondo stime autorevoli l’esodo ha interessato 350.000 persone costrette ad abbandonare i luoghi in cui avevano sempre vissuto e le relative proprietà.