Per molti indù, che costituiscono quasi l’80% della popolazione indiana di 1,3 miliardi di persone, la mucca è un animale sacro. Nella mitologia indù, l’animale è raffigurato come l’accompagnamento di diversi dei, come Shiva, che cavalca il suo toro Nandi, o Krishna, il dio pastore. Negli antichi testi la mucca appare come ‘Kamdhenu’ o mucca divina, che soddisfa tutti i desideri. Le sue corna simboleggiano gli dei, le sue quattro zampe, le antiche scritture indù o i Veda, e le sue mammelle i quattro obiettivi della vita, tra cui la ricchezza materiale, il desiderio, la giustizia e la salvezza. Ma attenzione: gli indù non considerano la mucca in sé una divinità e non la adorano. Piuttosto, vi vedono un simbolo sacro della vita che va protetto e riverito.
Forse perché la mucca è una creatura particolarmente generosa e docile, che dà agli esseri umani più di quanto riceva. Gli indù associano animali a divinità diverse e li considerano sacri, tra cui la scimmia (Hanuman), l’elefante (Ganesh), la tigre (Durga) e persino il topo (l’animale che cavalca Ganesh). Ma nessuno è tanto riverito quanto la mucca. Il primo movimento organizzato di protezione delle mucche indù fu lanciato da una setta sikh nel Punjab intorno al 1870.
Con l’ascesa del buddismo e del jainismo – due religioni che contemplano anche il vegetarianismo – gli indù smisero di mangiare carne. Nel primo secolo d. C., le mucche furono associate ai brahmani, ovvero a coloro che appartenevano alla casta più alta, considerati quasi superuomini. Uccidere una mucca cominciò a essere paragonato a uccidere un brahmano – un grande tabù. Ma non tutti concordano con questa versione.
Ancora oggi
Sui giornali indiani può capitare di leggere notizie di linciaggi di cittadini rei di aver maltrattato o, peggio ancora mangiato, un mucca. In passato la difesa della sacralità delle mucche in India è stata causa di veri e propri conflitti.