Uno studio pubblicato su Nature dell’Università dell’Arizona propone un nuovo metodo per “scovare” durante le osservazioni dei pianeti abitabili.
Telescopi terrestri possono essere utilizzati per catturare immagini di pianeti extrasolari che si trovano nelle zone abitabili e che abbiano almeno tre volte la dimensione della Terra, naturalmente solo per le stelle più vicine: è questo l’obiettivo che un team di ricercatori dichiara di aver raggiunto in uno studio apparso su Nature Communications.
I dettagli dello studio
“Se vogliamo trovare pianeti con condizioni adatte alla vita così come la conosciamo, dobbiamo cercare pianeti rocciosi delle dimensioni della Terra, all’interno delle zone abitabili intorno a stelle più vecchie, simili al sole”. Questa la spiegazione di Kevin Wagner, un ricercatore dello Steward Observatory dell’Università dell’Arizona che sta partecipando allo studio e che è anzi il primo autore della ricerca.
Il nuovo metodo, secondo i ricercatori, migliora, di più di 10 volte, la capacità di osservare gli esopianeti rispetto ai metodi precedenti.
Il segreto sta nell’esaminare le lunghezze d’onda dell’infrarosso inferiore a 10 micron. Come spiega lo stesso Wagner, è stata scelta questa lunghezza d’onda perché su queste lunghezze pianeti simili alla Terra, ovvero quelli rocciosi e presenti nella zona abitabile intorno alla loro stella, appaiono più luminosi.
Tanti dati raccolti (e accessibili da tutti), tanto lavoro di pulizia da fare
I ricercatori hanno già testato questo metodo usando il Very Large Telescope dell’Osservatorio europeo meridionale in Cile e concentrandosi su quello che è il sistema stellare più vicino a noi, quello di Alfa Centauri, distante solo 4,4 anni luce.
Per il momento i ricercatori hanno raccolto più di 5 TB di dati nel corso di quasi 100 ore di osservazione avvenute nel 2019. Questi, tra l’altro, sono a disposizione di tutti su Internet.
“Questa è una delle prime campagne di imaging di esopianeti multi-notte dedicate. Abbiamo impilato tutti i dati che abbiamo accumulato in quasi un mese e li abbiamo utilizzati per raggiungere la nostra sensibilità finale”, spiega Wagner.
Ora è tempo di rimuovere gli eventuali artefatti e le eventuali tracce di “rumore di fondo” da questi dati. Con un po’ di fortuna, il risultato potrebbe fornire l’imaging diretto della sorgente luminosa designata come possibile esopianeta della zona abitabile di Proxyma Centauri.
Previste nuove osservazioni per acquisire altri dati
Questa sorgente puntiforme, secondo gli scienziati, potrebbe appartenere ad un esopianeta. Quest’ultimo potrebbe essere un pianeta delle dimensioni di Nettuno o di Saturno. Ma, soprattutto, potrebbe orbitare ad una distanza dalla sua stella, ossia Alpha Centauri A, simile alla distanza che intercorre tra la Terra e il Sole.
Ora i ricercatori vogliono eseguire un’altra campagna di osservazione per catturare questo pianeta potenziale in una posizione diversa onde acquisire più dati.