Impossibile che Facebook rimanesse ferma. Il successo di Clubhouse non poteva lasciare indifferenti i top manager di Menlo Park.
Che d’altronde non sono nuovi alla tattica di replicare sui propri colossi, numericamente irraggiungibili, le caratteristiche e le funzionalità di maggior successo degli altri lidi digitali. Cercando al contempo di azzoppare la crescita altrui offrendo a una platea sterminata la stessa esperienza. E a dirla tutta di post vocali, su Facebook, se ne parlava da mesi.
Ma Clubhouse – su cui qualche giorno fa è sbarcato anche Mark Zuckerberg ma solo per parlare di realtà virtuale e aumentata – è qualcosa di molto diverso e al contempo basilare. Il social è fatto da stanze in cui si entra e si ascoltano gli speaker. Se si desidera intervenire si alza la mano e si spera che i moderatori ci facciano “salire sul palco”.
Per ora l’ecosistema è ancora gestibile ma già nelle room con centinaia di persone dire la propria può significare aspettare a lungo, all’interno di discussioni infinite che durano ore. E al crescere degli iscritti arrivano i primi disturbatori contro i quali la piattaforma sta già correndo ai ripari.
Il boom di questo social
Il successo di Clubhouse è prepotente, anche se al momento limitato ai soli utenti Apple. Da giorni è al primo posto nelle classifiche dell’App Store italiano ma anche di quello tedesco (dove al momento è terza), giapponese (prima), svizzera (sesta) e olandese (sesta) anche se non è chiaro il numero di utenti attivi su base mensile. Si oscilla fra i due milioni dichiarati dai cofondatori e i quasi cinque milioni stimati ad esempio da piattaforme di analisi come Apptopia.
Alla fine dello scorso anno, cioè non oltre 40 giorni fa, si muoveva intorno al milione. Secondo l’analista Vincenzo Cosenza, in Italia dovrebbero essere stato scaricato fra le 80 e le 100 mila volte. Celebrità, vip, influencer e personaggi noti – in Italia si sono visti fin dai primi giorni nomi come Fiorello, Michelle Hunziker, Luca Bizzarri, Andrea Delogu e molti altri – hanno senz’altro garantito un forte traino anche per la possibilità (talvolta remota) di poter loro fare qualche domanda o semplicemente per la sensazione “intima” di trovarsi in poche centinaia o migliaia a discuterci, per quanto la gran parte delle stanze nasca in modo spontaneo raccogliendosi intorno a interessi di ogni tipo.