Crisanti: serve lockdown di 4-6 settimane per salvarci dalla varianti

Il noto microbiologo Andrea Crisanti spiega a La Repubblica che un lockdown nazionale va fatto subito e per almeno un mese.

lockdown crisanti

La possibilità di un nuovo lockdown spaventa perché la gente è stanca. Eppure, al di là del balletto polemico del mondo politico, le persone si chiedono se davvero sia necessario.

Forse, capendone le ragioni, potrebbero accettare meglio nuovi provvedimenti restrittivi. La Repubblica ha quindi chiesto ad Andrea Crisanti professore ordinario di microbiologia all’Università di Padova, quali sono le loro ragioni scientifiche a favore del lockdown e quelle, invece, che farebbero propendere per misure diverse.

Chiusura totale per controllare meglio le varianti

Con la diffusione crescente delle più contagiose (anche tra i giovani) varianti del Covid-19, sarebbe meglio un nuovo lockdown? “In realtà avremmo dovuto farlo già prima di Natale così ora non avremmo avuto il problema delle varianti che si diffondono attraverso le nostre gambe“, dice Crisanti.

Chiudere solo alcune regioni non serve perché non siamo di fronte a focolai isolati ma ad una trasmissione diffusa del virus”, aggiunge il virologo.

Secondo Crisanti, dunque, il lockdown va fatto subito e non bastano solo 15 giorni: “Servono dalle 4 alle 6 settimane per veder diminuire sensibilmente i contagi e nel frattempo bisogna andare avanti con le vaccinazioni“.

Non solo locdown: serve anche un tracciamento in stile Nuova Zelanda e Giappone

Il lockdown, da solo, non basterebbe. Crisanti spiega che bisogna anche “sviluppare un piano nazionale di sorveglianza basato sulla capacità di tracciare e fare delle analisi su intere popolazioni in stile Nuova Zelanda e Giappone”.

Insomma, far funzionare Immuni non basta? “Il contact tracing non funziona, è un sistema barocco che si porta dietro troppe complicazioni. Serve un piano che consenta, anche se ci sono pochi casi, di attivare un meccanismo attraverso il quale [si testino] tutte le persone che sono state a contatto con i positivi”, spiega il microbiologo.

Il quarto pilastro di un piano anti-Covid secondo l’esperto è quello di un monitoraggio delle varianti adeguatamente finanziato che coinvolga sia le strutture regionali che quelle universitarie. Al momento, infatti, quando un tampone risulta positivo non è possibile sapere se la persona ha contratto il ‘primo virus’ o una nuova variante.

Al momento […] non c’è un sistema che ci consenta di sapere se il positivo ha una variante. Per questo è necessario [fare ogni tot di tamponi] un sequenziamento per verificare se si tratta di una variante. Più se ne fanno, meglio è”, conclude Crisanti.

About Fabio Allegra

Studente di Scienze della Comunicazione presso l'Università di Cagliari. Non apprezzo il maestrale.

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