Cambiare e rinnovare la narrazione delle malattie rare. E’ l’obiettivo del social talk ‘#TheRAREside-Storie ai confini della rarità’.
“Nell’ultimo anno c’è stato poco spazio e poca attenzione sui media e nel dibattito istituzionale ai malati rari. Per anni si è costruita una narrazione eroica, fatta di imprese eccezionali. Queste persone sono state trattate come favolosi unicorni, da mettere sul piedistallo dei buoni sentimenti. I protagonisti” del nuovo progetto “non sono più ‘eroi’ o ‘speciali’, ma persone reali, come le altre, per le quali l’avere una malattia rara, o vivere a fianco di qualcuno che ce l’ha, è solo un pezzetto del puzzle. Uomini e donne di diverse età e diversa provenienza con i loro sogni, interessi, capacità e limiti, elementi con i quali tutti possono identificarsi, per abbattere quei muri invisibili creati dai ‘noi’ e dai ‘loro'”.
Nella campagna The Rare Side si parte dai bisogni primari – sessualità, alimentazione, sonno, lavoro, vita indipendente – per arrivare ai bisogni sociali come le attività sportive, i viaggi e il tempo con gli amici. Il social talk andrà in diretta sul portale di Omar e sul suo canale Facebook a partire da domani 16 febbraio fino al 16 marzo. L’appuntamento è ogni martedì e giovedì a partire dalle 17.30, più una puntata extra tutta dedicata alle donne l’8 marzo. Complessivamente ci saranno 13 ospiti, ciascuno dei quali affronterà un tema. Le puntate saranno dal vivo così che gli utenti possano interagire ed essere parte dell’evento.
Gli ospiti per ora rimangono quasi tutti segreti, spiegano Omar. Sono state date anticipazioni solo per le prime due puntate. La prima, quella di domani pomeriggio, non può che toccare il tema della sessualità. Si parlerà di persone “vive, gioiose e gaudenti” come ama definirle la protagonista Armanda Salvucci, ideatrice del progetto ‘Sensuability, ti ha detto niente la mamma?’. Le persone con malattia rara vengono spesso presentate come angeli o esseri asessuati, osserva Omar, e invece sono individui in carne, ossa, cuore e ormoni. Si parla pochissimo del sesso, e dei diversi possibili orientamenti sessuali, eppure questo fa parte di quella quotidianità sulla quale The Rare Side vuole far luce.
La seconda puntata, invece, sarà dedicata ai temi del lavoro e della famiglia. La protagonista sarà la giornalista, scrittrice e mamma Francesca De Sanctis, che racconterà la sua ‘storia al contrario’. Per lei, nata e cresciuta senza particolari problemi fisici, la malattia rara è arrivata dopo, ma anche il precariato è arrivato dopo la stabilità. Sarà un ‘viaggio’ in cui la felicità si alterna alla rabbia e allo sconforto, una storia familiare che si intreccia con quella de ‘L’Unità’.
La conferenza stampa di lancio della campagna The Rare Side è stata aperta dalla senatrice Paola Binetti, presidente parlamentare per le malattie rare. “La condivisione è un elemento di primaria importanza nella vita delle persone affette da malattia rara e non. Uno strumento per affrontare le paure, ma anche per godere delle gioie che la vita ci dona. Capire i bisogni non solo medici, ma anche ‘umani’ di un paziente e di chi lo circonda, a cominciare da quelli dei suoi fratelli e delle sue sorelle, è segno di fraternità, di accettazione e di crescita. Vogliamo che la ‘rarità’ di queste persone diventi ‘normalità’ non solo per la società, ma anche agli occhi delle istituzioni. Per questo ci battiamo da anni con Omar affinché i loro diritti siano riconosciuti come tali e al pari di tutti gli altri”.
Demitizzare i malati rari è una delle parole d’ordine dell’iniziativa.
“Quando Ilaria Ciancaleoni Bartoli mi ha raccontato il progetto della campagna – racconta Marianna Zanatta, che con l’alter ego ‘Ornitorianna’ racconterà storie diverse dei malati rari – sono stata travolta da un brivido perché si stava creando una di quelle coincidenze inaspettate che non possono che mettere gioia. In qualità di ornitorinco, sono portavoce del concetto di rarità e della sua bellezza. Siamo tutti esseri umani rari, né sfortunati né supereroi, ma semplicemente persone con un puzzle di identità, di valori, di sogni, di talenti che hanno diritto al posto d’onore al centro della propria vita, nella propria quotidianità. Non potevo quindi che sposare il progetto di Ilaria e affiancarmi alla campagna di Omar, diventandone prima cheerleader con l’intento di rimettere la persona al centro”.
Dopo lo speech di Ornitorianna è stata la volta del linguaggio televisivo e cinematografico. Ad aprire il sipario sul tema l’attore Paolo Sassanelli, co-protagonista di ‘Una bellissima bugia’, cortometraggio diretto dal regista Lorenzo Santoni. Parla del potere condizionate dell’immaginario collettivo e individuale e si fa riferimento alla distrofia muscolare di Duchenne. “La malattia – osserva Sassanelli – si può pensare da protagonisti, ma anche da genitori, da insegnanti, da amici, come una strada senza futuro, da affrontare con rassegnazione, mettendo o mettendosi addosso una bella etichetta con scritto ‘poverino’, e così non combinare nulla nella vita, cancellare il futuro stesso. Oppure la si può prendere come un dato di fatto, di cui tenere conto, ma al pari dei propri desideri, interessi, capacità e obiettivi“.
Oggi Santoni la vede così. Ma c’è stato prima un periodo nero e da quella prospettiva è uscito puntando sulla sua passione.
“Non è possibile scindere la mia vita dal cinema. Non si tratta semplicemente di lavoro, ma di una vera e propria vocazione che mi permette di superare ostacoli a più livelli. Stare dietro la cinepresa è una sfida. Fare sempre meglio e di più, ma anche riuscire a comunicare la disabilità provando a ribaltare la percezione comune. Credo che bisognerebbe smettere di collocare idealmente i disabili su un piedistallo e quindi in una posizione di diversità dagli altri, anche se con le migliori intenzioni”.
“Basta con la retorica del disabile più sensibile, più coraggioso o per il quale organizzare sempre delle cose ‘a parte’. La malattia è solo un dato di fatto, noi siamo tutto il resto dello spazio che rimane”, ha concluso Santoni. Il regista, “oltre a queste capacità cinematografiche, ha anche la distrofia di Duchenne. Ma a qualificarlo è quel che fa – è il messaggio di Omar – e non la mutazione di un gene”.