Senza Fiato. Una risata vi seppellirà. A me la fibrosi cistica. (Forse)
di e con Pierpaolo Baingiu e con Stefano Ledda
«Ho “incontrato” il reading di Pierpaolo per caso in un locale de La Caletta a Siniscola, ho sorriso e riso per tutto il tempo, e man mano che la sua ironia mi portava davanti la realtà difficile della malattia non ho potuto fare a meno di proporgli il mio aiuto come regista e quello del Teatro del Segno per far sì che il monologo sulla sua vita potesse diventare uno spettacolo teatrale capace di raccontare e sensibilizzare sulle tematiche fondamentali della ricerca e della donazione». Stefano Ledda – direttore artistico del Teatro del Segno
Storia di una vita particolare, in compagnia di una rara malattia genetica ereditaria che condiziona fin dall’infanzia azioni e comportamenti . Dal divieto di sudare, di giocare e correre con gli altri bambini, agli interventi chirurgici e ai ricoveri ospedalieri sempre più frequenti. In “Senza Fiato” Pierpaolo Baingiu si racconta, con autoironia, descrivendo le grandi e piccole difficoltà quotidiane; descrive anche le contraddizioni del sistema, le speranze e il disincanto di chi deve fare i conti con l’inesorabilità delle statistiche. Mentre concetti come “aspettativa” e “durata media” incidono direttamente sul suo futuro.
Fin dal titolo “Senza Fiato / Una risata vi seppellirà. A me la fibrosi cistica (Forse)” il monologo esprime il rapporto ambivalente con una patologia invalidante e mortale; con cui è indispensabile fare i conti, una presenza che è impossibile ignorare. In virtù dei progressi della medicina la situazione delle persone affette da fibrosi cistica è migliorata. Si sopravvive molto più a lungo e soprattutto si riesce a condurre – per periodi anche lunghi – un’esistenza (quasi) normale – qualunque cosa questo significhi.
La sensibilizzazione dell’opinione pubblica
Il monologo – pensato per dare visibilità, far conoscere e sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di una malattia grave e incurabile, ma in prospettiva futura guaribile, è una sorta di diario, tra ricordi familiari e frammenti d’infanzia e adolescenza, la perdita dell’innocenza e la progressiva consapevolezza della malattia, l’amore e le complicanze inattese, i rischi e l’ansia per un trapianto, i surreali incontri in ospedale.
L’umorismo è il segreto che stempera il dramma: la vita tragicomica di un malato di fibrosi cistica non è in fondo troppo diversa da quella dei suoi coetanei, e le relazioni familiari, le apprensioni materne e le questioni sentimentali, gli impegni di studio e lavoro, sono fondamentalmente gli stessi.
La differenza semmai, in una vita “Senza Fiato”, è il rapporto – specialmente degli altri – con una invalidità invisibile, che si manifesta in un’eccessiva magrezza e in quella condizione quasi senza respiro: gli sguardi di riprovazione e sospetto al parcheggio, quando un uomo giovane e apparentemente sano, semmai un po’ emaciato, scende da un’automobile con tanto di contrassegno occupando un posto riservato, costituiscono uno dei capitoli più esilaranti di questo coinvolgente, emozionante, perfino divertente viaggio “dentro” la fibrosi cistica.