In una società fondata quasi esclusivamente sull’immagine, l’aspetto esteriore ha un ruolo fondamentale nelle nostre vite. Ma se è vero che nessuno nasce perfetto il ricorso alla chirurgia estetica può essere una soluzione. Per migliorare quei difetti che crediamo causa del nostro disagio. E della nostra infelicità. Si può ricorrere ad un lifting per cancellare i segni del tempo da viso. O ad una rinoplastica per ottenere un naso più armonioso.
Ma cosa succede quando l’intervento di chirurgia invece di correggere un inestetismo lo peggiora? O finisce per creare altri problemi estetici che prima non esistevano? Purtroppo in questi casi si è vittima di un intervento chirurgico malriuscito.
Il danno chirurgico di natura estetica rientra in quella tipologia di lesioni dovute a malasanità che risultano molto complicate da valutare a causa della loro natura fortemente soggettiva.
Questo tipo di danno non riguarda solo cicatrici o segni visibili sul corpo, ma anche il turbamento della nostra integrità psico fisica. Un mito da sfatare è quello degli ‘interventi riparatori’: purtroppo ci sono operazioni che, se mal riuscite o mal fatte, non è possibile cancellare. Per questo qualsiasi tipo di intervento va ponderato con calma.
La casistica dei danni da mala chirurgia estetica è ampia: quelli più comuni sono quelli da eccesso di botulino che blocca il viso o gonfia eccessivamente le labbra, quelli derivanti da una liposuzione o da una mastoplastica additiva. Non vanno dimenticati poi i danni meno visibili: spesso i chirurghi si dimenticano di avvisare la paziente che una delle conseguenze dell’impianto di protesi mammarie ad esempio, può essere la riduzione della sensibilità del seno.
In molti casi non parliamo solo di un problema estetico che danneggia la nostra immagine personale: spesso ci troviamo davanti a situazioni che hanno un’incidenza anche sull’attività lavorativa, come ad esempio una perdita di opportunità di lavoro, di un mancato guadagno o di un restringimento delle capacità professionali.