Un tema costante per una fetta di quotidianità degli adolescenti. Una piaga con ripercussioni sociali ed esperienziali. “La Giornata internazionale contro le discriminazioni. Celebrata il 1° marzo. Ha ricordato i gravi danni arrecati da posizioni che possono sfociare in aggressioni verbali e fisiche. Bullismo e cyberbullismo rientrano tra le forme di violenza discriminatoria” spiega Gian Luca Marcialis.
Docente al Diee, lo specialista e il suo tema si occupano da anni della questione. “Parliamo di una grave piaga sociale. Diffuse nelle scuole e al di fuori, con la massiccia adozione dei dispositivi mobili. Che fa superare qualsiasi barriera fisica. Anche la diffusione del Covid non ha impedito episodi molto gravi. Tali da far pensare che il bullismo non sia più solo associabile a un’attività condotta da minori contro i loro coetanei. Ma anche dagli adulti nei confronti di loro simili, con drammatiche ripercussioni sulla vita delle vittime”.
Una ricerca trasversale, meticolosa e su più fronti
“BullyBuster – A framework for bullying and cyberbullying action. Detection by computer vision and artificial intelligence methods and algorithms” è finanziato dal bando del 2017. (Prin-Progetti rilevante interesse nazionale). Ha per obiettivo “integrare differenti tipologie di analisi per poter investigare. Il problema da più punti di vista: analisi delle immagini volta a rilevare specifiche azioni di bullismo. Sulla base dei movimenti della folla intorno alla vittima, e, ove possibile della sua espressione facciale o eventuali falsificazioni.
L’analisi testuale si focalizza sul riconoscimento di parole. E frasi tipiche adoperate dai bulli e del cyberbullismo e, infine, l’analisi comportamentale rileva la dinamicità. Della pressione dei tasti al fine di identificare “pattern” comportamentali”. Sono all’opera gruppi di quattro università diretti dai professori Donatella Curtotti (Foggia), Donato Impedovo (Bari), Gian Luca Marcialis (Cagliari) e Carlo Sansone (Napoli “Federico II”, capofila).
Cyberbullismo e l’unità del Diee
L’unità del Diee (Dipartimento ingegneria elettrica ed elettronica, ateneo di Cagliari) ha sviluppato un prototipo per l’osservazione di gruppi di soggetti da videocamera, disposte in modo da non poter identificare i singoli ma in grado di fornire sufficienti informazioni per segnalare, in base a modelli comportamentali opportunamente codificati, degli eventi anomali come episodi di violenza o panico. “Stiamo implementando sistemi di rilevamento di artefatti video che i bulli potrebbero utilizzare per molestare/minacciare la vittima copiandone il volto in filmati offensivi, a causa del proliferare di app per telefonini che, potenzialmente, lo permettono. Recenti indagini mostrano che più della metà degli adolescenti hanno sofferto di atti di bullismo mentre una percentuale tra il 10 e il 20 lo sperimenta regolarmente. In questo scenario – precisa il professor Marcialis – ci siamo spinti ad investigare nuove e più sofisticate tecniche per la prevenzione di atti di bullismo”.
Letteratura scientifica, smartphone e comportamenti: i pregiati lavori di quattro atenei del Sud
L’unità di Napoli Federico II ha soprattutto, evidenziato aspetti importanti per la prevenzione di bullismo e cyberbullismo (analisi combinata di immagini e testo, e delle keystroke dynamics). I ricercatori di Bari investigano su tecniche in grado di rilevare il modo in cui l’utente interagisce con lo smartphone mentre svolge azioni abitudinarie quali inviare messaggi, scorrere video, visitare pagine, digitare. I risultati mostrano come sia di fatto possibile individuare alcuni stati di disagio connessi a bullismo o cyberbullismo, come ansia e depressione. È in corso l’analisi di contenuti sensibili, immagini o video di molestia. L’unità di Foggia ha predisposto filmati e questionari per i ragazzi utili a focalizzare i comportamenti dei bulli. Il metodo – approvato dal Comitato etico scientifico dell’Associazione degli psicologi – costituisce un nuovo approccio nel raccogliere informazioni interattive.
Cyberbullismo e famiglie
I prodotti della ricerca sono stati preparati nel rispetto della riservatezza degli individui e delle famiglie. I lavori procedono in collaborazione di alcune scuole in cui si farà conoscere il progetto per poi richiedere la collaborazione attiva nei volontari con un processo di video/chat che fornirà delle indicazioni realistiche e indispensabili per poter correggere o modulare le risposte dei prototipi sviluppati. Grazie ai ragazzi, BullyBuster sarà uno strumento interattivo utile per capire: 1) cosa accade nella loro vita online; 2) che livello di rischio hanno di subire molestie e minacce online che possono limitare libertà e diminuire la qualità della vita; 3) il contributo sarà utile a stimare in che misura i loro comportamenti nella vita reale e in internet li pongono a rischio di agire o subire le prepotenze online. Successivamente, le tre unità tecnologiche sottoporranno a test i propri software.
Infine, ci sarà la combinazione dei singoli contributi in un’unica applicazione che possa essere utilizzata a scopo di meccanismo deterrente/repressivo (come sistemi di videosorveglianza intelligente) e preventivo con sistemi di rilevamento dello stato emotivo dell’utente e di rilevamento di azioni o contenuti pericolosi (frasi minacciose o immagini o video contraffatti come deep fake).