“Il riso rosso – precisa Rebuzzi – contiene una monacolina che è molto simile alla lovastatina, molto vicina quindi a una statina. Ci sono prove scientifiche chiare che questo alimento riduca il colesterolo. Mentre non è così sicuro che riduca il rischio cardiovascolare. C’è un grande studio cinese che ha documentato una riduzione modesta, di circa il 4% del rischio di infarto, senza grossi rischi collaterali. La Food and Drug Administration americana ha sempre ricordato che c’è solo questo studio e che, quindi, prima di abbandonare le statine a favore del riso rosso, serve attenzione. Non lo ha mai consigliato nella terapia degli ipercolesterolemici, soprattutto se cardiopatici”.
In sintesi “dire che il riso rosso riduce i livelli di colesterolo non significa che riduce l’infarto. Non ci sono, a parte lo studio cinese, dati scientifici”, ha spiegato Rebuzzi ricordando che questo alimento si può consigliare “in pazienti giovani, in donne senza altri fattori di rischio, magari con lieve ipercolesterolemia perché ingrassate. In questi casi può essere una buona idea consigliare, accanto alla dieta, il riso rosso prima di prescrivere una statuina. Perché è farmaco che può avere effetti collaterali”.
Dire che il riso rosso riduce i livelli di colesterolo non significa che riduce l’infarto.
Nell’articolo pubblicato su ‘Il Messaggero’ Rebuzzi cita gli studi più rilevanti sul tema. “Nel numero di febbraio della rivista Journal of American College of Cardiology – scrive – Arrigo Cicero del dipartimento di Medicina dell’Università di Bologna fa un’attenta revisione di quanto si è scritto sugli effetti e sui limiti del riso rosso fermentato nel trattamento dell’ipercolesterolemia. Obiettivo: verificare l’efficacia dell’alimento rispetto ai farmaci. Risultato: è inferiore a quella delle statine. Questo significa che, nei casi più gravi, non ci si può affidare solo alle porzioni di riso rosso”.
“Uno dei più importanti tra gli studi revisionati – riferisce il cardiologo – è quello effettuato da Maaike Gerards dello Slotervaart Hospital di Amsterdam e pubblicato sulla rivista Atherosclerosis. Sono stati esaminati oltre 6.600 pazienti affetti da ipercolesterolemia ed intolleranti alle statine. In un periodo variabile tra i 2 ed i 24 mesi duranti i quali hanno consumato questo alimento senza prendere i farmaci sono stati ridotti i livelli medi di colesterolo di poco più di 39 mg/dl. Livelli di riduzione che si ottengono con dosi minime di statine somministrate per un tempo molto più breve”.
Per quanto riguarda la riduzione del rischio d’infarto lo “studio cinese pubblicato sull’American Journal of Cardiology avrebbe documentato una riduzione del 4.7% del rischio d’infarto senza effetti collaterali importanti”.
Maggiori informazioni, e il link per seguire i lavori, sono disponibili sul sito dell’Ateneo www.unica.it