Intervista a Massimo Mancini, General Manager di Sardegna Teatro
L’aumentare dei contagi potrebbe far saltare la riapertura dei teatri il prossimo 27 marzo. Al momento non c’è una decisione definitiva, il Comitato tecnico scientifico e il governo si aggiorneranno a fine marzo. Il General Manager di Sardegna Teatro Massimo Mancini si mostra ottimista anche in virtù del fatto che l’Isola sia in zona bianca.
“Contiamo di aprire anche per il fatto che la Sardegna sia in zona bianca- così afferma il General Manager Massimo Mancini-, in particolare vorremmo riaprire il 27 marzo non tanto per una questione economica, ma quanto per un valore simbolico. Soprattutto per i segnali che abbiamo dagli spettatori”.
A un anno di distanza dal primo decreto la situazione, nel mondo del teatro, è complicata e in alcuni casi drammatica.
“Qualche categoria di professionisti ha sofferto molto per quanto ha avuto piccoli sostegni- commenta Mancini-, per questo motivo bisognerebbe concentrarsi su ciò che è emerso e provare a porre rimedio anche con scelte drastiche e coraggiose. Ad esempio ci sono alcuni paesi che hanno una sorta di reddito dell’artista”.
Il 22 Febbraio si è svolta la manifestazione “Facciamo luce sul teatro” per riportare l’attenzione sul tema dello spettacolo dal vivo. Ai cittadini, nel rispetto di tutte le norme, era richiesta la partecipazione fisica davanti a uno dei teatri della propria città. Inoltre a questi era rivolto l’invito di lasciare un pensiero scritto su un foglio portato da casa o su un registro messo a disposizione.
“Gli spettatori sono contenti di tornare a vedere gli spettacoli dal vivo- continua-, lo sentono come uno spazio sicuro, lo è oggetivamente, è previsto il distanziamento sociale come il controllo della temperatura. In aggiunta a questo per la riapertura stiamo immaginando il test gratuito per il pubblico”.
“Nella giornata del 27 marzo dovremmo essere presenti in sette comuni per una quindicina di spazzi– conclude-, questo è un elemento, mentre l’altro è il multilinguaggio. Il multilinguaggio comprende: la dimensione performativa frontale, l’incontro con l’autore, la parte espositiva, i laboratori e i progetti di comunità. Ovvero l’unione di più elementi in cui si cercano anche le vocazioni dei territori”.