Allo studio nuovi farmaci e nuove metodiche per accelerare la diagnosi delle malattie rare di interesse gastroenterologico o epatologico. Rappresentano una quota consistente nel più ampio panorama delle patologie orfane. A fare il punto è Sige, Società italiana di gastroenterologia ed endoscopia digestiva.
Le malattie rare d’interesse gastroenterologico o epatologico rappresentano una sfida per i pazienti, i medici e i ricercatori – spiega Antonio Benedetti, presidente Sige
Molte di queste patologie, come ad esempio le malattie autoimmuni epatiche o i disordini di motilità intestinale rari, causano sintomi cronici di gestione complessa, sono difficili da diagnosticare o hanno un esordio in età infantile. Il primo passo per aiutare i pazienti è aumentare la consapevolezza globale su queste patologie. In questa ottica, la settimana dedicata alle malattie rare è un evento fondamentale. Rappresenta infatti il primo sforzo per la creazione di reti che permettano non solo di supportare i pazienti e le loro famiglie, ma anche di favorire l’expertise medica e la collaborazione ai fini della ricerca di base e clinica. Le società scientifiche quali la Sige hanno il compito fondamentale di favorire e sostenere la creazione di queste reti, mediante l’intermediazione tra pazienti, associazioni, medici e ricercatori e il supporto alle campagne di sensibilizzazione globale”.
A livello internazionale la ricerca sulle malattie rare non si ferma, rileva la Sige. La spesa complessiva per i farmaci orfani inseriti nella lista Aifa nel 2019 sia di appena 1,6 miliardi di euro. Le opportunità terapeutiche per i malati rari si fanno sempre più concrete con numerosi trial di sperimentazione già avviati con farmaci biologici e anticorpi monoclonali. Una buona notizia è che, secondo l’Horizon Scanning Aifa, arriveranno entro l’anno altri 17 farmaci orfani con risultati potenzialmente rilevanti.
Le malattie rare in ambito gastroenterologico diagnosticate con più frequenza sono acalasia esofagea, esofagite eosinofila e gastroenterite eosinofila, elenca la Sige.
L’acalasia esofagea, patologia dell’esofago caratterizzata da assenza di rilasciamento dello sfintere esofageo e assenza della peristalsi fisiologica, ha un’incidenza di 1 su 100mila abitanti ogni anno. Ha una maggiore prevalenza tra le persone anziane e con differenze minime tra uomini e donne. Chi soffre di acalasia va incontro a un rischio alto, 5 volte superiore alla media, di ammalarsi di carcinoma dell’esofago. Sull’esofagite eosinofila si sta concentrando un’attenzione particolare da parte della comunità scientifica internazionale. I dati di incidenza sono fissati in una forbice che oscilla tra 1 e 20 pazienti ogni 100mila abitanti ogni anno. Con una predilezione verso il sesso maschile e l’età giovane, la pongono tra le patologie in evoluzione e in preoccupante aumento.
Un’incidenza minore, invece, viene registrata per la gastroenterite eosinofila, che può colpire qualsiasi tratto dallo stomaco al colon. In generale, le patologie rare di questo tipo presentano una sintomatologia simile al loro esordio.
Sia l’esofagite eosinofila sia l’acalasia esofagea sono caratterizzate da sintomi come disfagia (difficoltà al transito del cibo in esofago), occasionali rigurgiti o episodi di bruciore; segnali che possono essere scambiati con una malattia da reflusso gastroesofageo e che possono quindi ritardare l’iter diagnostico di malattia rara.
“Il ruolo del gastroenterologo è centrale nella gestione delle malattie rare. Interviene Nicola De Bortoli, professore associato di Gastroenterologia dell’università di Pisa e membro del Comitato scientifico Sige. Nel caso in cui uno specialista si trovi a operare in un centro dove non sono disponibili tutti gli strumenti necessari per eseguire la diagnosi di malattia rara, è importante non interrompere l’iter diagnostico. Ma fare riferimento ai centri dove questa metodica viene eseguita con regolarità e soprattutto dove è presente un elevato livello di expertise.
A tale proposito, risulta centrale il ruolo svolto dalle società scientifiche come Sige, in qualità di capofila delle società scientifiche gastroenterologiche. Ha stilato e divulgato linee guida diagnostiche e terapeutiche di aiuto agli operatori presenti su tutto il territorio nazionale. Inoltre, ha al suo interno fra Consiglio direttivo e Comitato scientifico la maggior parte dei ricercatori più attivi e più competenti attualmente presenti sul panorama nazionale”.
La figura del gastroenterologo, prosegue la Sige, ha un ruolo fondamentale anche nella diagnosi e gestione clinica delle malattie rare del fegato. Rappresentano “uno spettro molto più ampio e complesso”, illustra Vincenzo Cardinale, professore associato di Gastroenterologia dell’università La Sapienza di Roma e recente Sige-Ueg (United European Gastroenterology) rising star: “Dalle malattie epatiche autoimmuni alle colestasi genetiche, dalle malformazioni biliari al fegato policistico, per arrivare ai tumori rari del fegato. Le malattie rare epatiche presentano un’insorgenza frequente in età infantile con un impatto molto forte sulla qualità della vita e un andamento cronico e invalidante. A tutto questo fa da contraltare la difficoltà di avere diagnosi in tempi brevi, l’assenza di terapie curative, la scarsità di percorsi assistenziali strutturati. Le malattie rare del fegato richiedono non solo diagnosi, ma anche prevenzione, riabilitazione e sostegno psico-socioeconomico”.