Nel weekend sono tornate le file davanti ai negozi, supermercati e mercati degli agricoltori di Campagna Amica per fare scorte
Sono tornate le file davanti ai negozi per fare scorte di prodotti alimentari lungo la Penisola, rispetto alla scorsa settimana. Si stima un aumento della spesa in media del 20 per cento. E’ quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti in occasione dell’ultimo week end prima della stretta anti covid con l’Italia che si colora tutta di rosso e arancione fino a Pasqua, tranne la Sardegna.
Insieme ai negozi per lo shopping, ai parrucchieri e ai ristoranti sono stati presi d’assalto – sottolinea la Coldiretti – anche molti supermercati e mercati alimentari che tuttavia possono rimare aperti in tutte le regioni con la possibilità anche di recarsi al di fuori del proprio comune per acquisti particolari e documentati.
A essere maggiormente richiesti sono prodotti di base della dieta alimentare come frutta e verdura. Ma anche pasta, riso, uova, farina, zucchero, salumi, formaggi e vino da mettere in dispensa per fare scorte. Secondo il monitoraggio della Coldiretti sugli acquisti nei mercati di Campagna Amica. L’approvvigionamento alimentareè assicurato in Italia grazie al lavoro di 740mila aziende agricole e stalle. Inoltre 70mila imprese di lavorazione alimentare e una capillare rete di distribuzione con 230mila punti vendita tra negozi, supermercati, discount e mercati contadini di Campagna Amica.
Occorre evitare file inutili che favoriscono gli assembramenti
Sono oltre tre milioni gli italiani che – precisa la Coldiretti – continuano a lavorare nella filiera alimentare. Dalle campagne alle industrie fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati. I quali garantiscono continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione. Occorre dunque evitare inutili file che favoriscono gli assembramenti ed aumentano il rischio della diffusione del contagio. Inoltre mettono inutilmente sotto stress il sistema dei rifornimenti e i lavoratori coinvolti.
Con l’attuale emergenza l’invito alla distribuzione commerciale ed ai consumatori è quello di privilegiare sugli scaffali prodotti Made in Italy duramente colpiti dalla chiusura della ristorazione che ha un effetto negativo a cascata sull’agroalimentare nazionale, con una perdita di fatturato di 11,5 miliardi per le mancate vendite di cibo e bevande nell’ultimo anno.