Gli insegnanti svolgono un ruolo essenziale nel processo di apprendimento di ogni studente. Il loro contributo è ancor più evidente in seguito alla pandemia da Covid-19. Milioni di docenti europei si sono adattati alle chiusure delle scuole e sono in prima linea per garantire che l’apprendimento degli studenti in lockdown continui, anche se a distanza.
Tuttavia, la professione docente attraversa da alcuni anni una crisi professionale. I sistemi scolastici sono sempre più in difficoltà nel reclutare insegnanti motivati e competenti. In tale scenario, quali sono le soluzioni sviluppate dai decisori politici nazionali ed europei per superare queste sfide? Il rapporto della rete Eurydice “Teachers in Europe: Careers, Development and Well-being” ha come focus gli insegnanti della scuola secondaria inferiore.
Lo studio offre evidenze per comprendere l’impatto delle politiche nazionali sui comportamenti degli insegnanti. Sono fornite una base di dati per l’implementazione di future riforme. Il rapporto copre i 27 gli Stati membri dell’UE, oltre a Regno Unito, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Serbia e Turchia. Le aree chiave dallo studio comprendono la crisi vocazionale e le politiche legate all’attrattività della professione, la formazione iniziale, lo sviluppo professionale continuo, le condizioni di servizio, le prospettive di carriera e il benessere degli insegnanti.
Attrattività della professione docente
La carenza di insegnanti è peggiorata negli ultimi anni e riguarda 35 sistemi educativi in Europa. Ootto di questi, tra cui anche l’Italia, soffrono sia di carenze che di eccesso di offerta. Le carenze sono più acute in materie come le STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e le lingue straniere.
L’invecchiamento degli insegnanti interessa più della metà dei sistemi educativi. Alla luce della pandemia da Covid-19, l’età avanzata degli insegnanti aggiunge un ulteriore elemento di vulnerabilità ai sistemi educativi. Questi diventano sempre più fragili e gli insegnanti più anziani hanno difficolta a svolgere la didattica a distranza attraverso le nuove tecnologie. Inoltre, in alcuni paesi, tra cui l’Italia, più della metà dei docenti andrà in pensione nei prossimi 15 anni. Solo il 6,4% di insegnanti ha meno di 35 anni; solo la Grecia e il Portogallo fanno peggio, rispettivamente con il 4,6% e 3,4%.
Condizioni di lavoro
In Europa, un insegnante su cinque lavora con contratti temporanei. Tra gli insegnanti con meno di 35 anni, più di un terzo lavora con contratti a tempo determinato. In Italia (78%) sono addirittura più di due terzi, con contratti brevi e spesso non superiori a un anno .
Alcuni paesi hanno anche un’alta percentuale di insegnanti nella fascia di età 35-49 che lavora con un contratto a tempo determinato. In Italia le discontinuità nel processo di reclutamento di docenti a tempo indeterminato hanno spinto le scuole ad assumere insegnanti con contratti a tempo determinato (al massimo di un anno). Questo è dovuto anche alle limitazioni della spesa pubblica degli anni passati,
Sugli stipendi si registra una generale insoddisfazione tra gli insegnanti europei. Solo in Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Inghilterra, la percentuale di insegnanti soddisfatti, o molto soddisfatti, del loro stipendio è superiore al valore medio UE del 38%. Francia, Italia, Portogallo, Romania e Slovenia vedono un numero ristretto di insegnanti soddisfatti. In Italia gli insegnanti devono lavorare 35 anni prima di raggiungere lo stipendio massimo, che è circa il 50% in più dello stipendio iniziale. In Francia, Italia, Portogallo e Slovenia, inoltre, negli ultimi dieci anni gli stipendi degli insegnanti hanno avuto aumenti molto limitati.
Carriera
La carriera dei docenti in Europa è organizzata per step formali con specifici ruoli, responsabilità e relativi aumenti di stipendio, oppure concepita solo in termini di aumenti salariali, come nel caso dell’Italia.
Quasi tutti i sistemi educativi europei, compreso il sistema italiano, richiede una qualifica minima equivalente alla laurea magistrale per l’accesso alla professione, una formazione professionale e, spesso, anche un periodo di pratica in classe. La percentuale di formazione professionale, tuttavia, varia da un 50% della durata totale della formazione iniziale nel Belgio francese, Irlanda e Malta a un 8% in Italia e Montenegro.
In base ai risultati dell’indagine internazionale TALIS 2018, in Europa, quasi il 70% di tutti gli insegnanti riferisce di essere stato formato in tutti e tre i principali aspetti della formazione (contenuti disciplinari, pedagogia generale e relativa alla specifica disciplina e pratica in classe). La percentuale scende sotto il 60% in Spagna, Francia e Italia.
Per quanto riguarda la fase di avvio alla professione per i nuovi insegnanti, in Europa, meno del 50% degli insegnanti ha preso parte a una qualche forma di programma di sostegno all’inizio della carriera. In Italia l’anno di prova è obbligatorio per la conferma in ruolo dei docenti, ma è rivolto solo agli insegnanti assunti a tempo indeterminato.
Valutazione
Nella maggioranza dei paesi europei, la valutazione dei docenti è centralizzata. In una minoranza di sistemi le scuole o le autorità locali hanno autonomia in materia (per esempio in Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia, ecc..). La valutazione degli insegnanti viene effettuata più spesso nei tre paesi baltici, in diversi paesi dell’Europa dell’Est, in Inghilterra e in Svezia.
Al contrario, in diversi paesi dell’Europa del Sud e dell’Ovest, così come in Finlandia, gli insegnanti vengono valutati con minor frequenza. In Italia, la valutazione degli insegnanti ha iniziato ad essere regolamentata pochi anni prima dell’ultima indagine TALIS. Infatti, nel 2015, con la Legge di riforma dell’istruzione (107/2015), è stato introdotto, per tutti gli insegnanti a tempo indeterminato, un bonus premiale basato sulla valutazione.
L’attuazione di questa politica ha avuto un riflesso nella diminuzione (-33,7 punti percentuali) tra il TALIS 2013 e il TALIS 2018 della percentuale di insegnanti che lavorano in scuole dove non sono mai stati valutati. Il motivo più comune in Europa per la valutazione è quello di offrire un feedback sul loro lavoro agli insegnanti. Fatta eccezione per l’Italia, tutti i paesi che hanno un sistema di valutazione lo prevedono come uno dei principali obiettivi del processo di valutazione.