In Italia, in risposta alla pandemia, il 43% delle aziende sta accelerando l’implementazione di processi di digitalizzazione, mentre solo il 9% li ha temporaneamente sospesi. Al contempo, le prospettive per la forza lavoro permangono positive, con un numero maggiore di posti di lavoro creati rispetto a quelli eliminati.
A livello globale il dato sulla crescita della digitalizzazione e automazione delle aziende si attesta al 38% contro il 17% di attività temporaneamente ferme. Mentre in Italia vediamo un numero maggiore di posti di lavoro creati rispetto a quelli eliminati. Intanto l’85% delle aziende che hanno avviato un processo di automazione dichiara di voler aumentare o mantenere il numero dei propri dipendenti (86% a livello globale). Questo, in sintesi, emerge nella Ricerca “Skills Revolution Reboot” presentata dal Gruppo Manpower, in relazione all’impatto della pandemia sulla digitalizzazione e sulle nuove competenze. Un’indagine, condotta su un panel di oltre 26.000 datori di lavoro in tutto il mondo. Tale indagine ha rilevato come siano proprio le aziende che implementano processi di digitalizzazione a creare un numero maggiore di posti di lavoro.
Tra digitalizzazione e flessibilità
Riccardo Barberis, Amministratore delegato del ManpowerGroup in Italia, ci dice che oggi le aziende e i lavoratori si trovano ad affrontare in Italia due grandi sfide. Entrambe richiedono competenze nuove: una transizione accelerata verso la digitalizzazione e il bisogno di una maggiore flessibilità nelle modalità di lavoro. In questo scenario vi sono interi settori a rischio per le limitazioni imposte dalla pandemia. Alcuni comparti resistono e sono riusciti addirittura a crescere, trasformando un momento complesso in una opportunità. Questo grazie anche ad una accelerazione dei processi di digital transformation.
Nel post-Covid saranno dunque le competenze a fare la differenza. Di conseguenza la formazione dovrà essere sempre più integrata e personalizzata a seconda del profilo del lavoratore. Per il ManpowerGroup contribuire ad aiutare le persone nelle fasi di pre-skilling, upskilling e reskilling (cioè per i ruoli richiesti in questa “Skills Revolution”) sarà dunque fondamentale per permettere alle aziende di vincere la sfida del mercato e creare valore per tutta la comunità.
Le aziende sono divise: automatizzare ora o posticipare?
I settori che prima della pandemia avevano rallentato processi di automazione, ora stanno recuperando. I settori della finanza, delle assicurazioni, dell’immobiliare e dei servizi alle imprese stanno raddoppiando l’impegno per implementare processi di digitalizzazione. Questo avviene come conseguenza della crisi, in particolare per quanto riguarda le mansioni amministrative e il contatto con il pubblico.
Tra i settori maggiormente colpiti dalla crisi all’inizio vi sono quello manufatturiero, l’edilizia e il retail. I vari settori si dividono tra: quelli volti all’automazione e alla digitalizzazione per adattarsi rapidamente; quelli che adottano un approccio da cauti osservatori e sospendono i propri progetti. In Italia il 40% dei datori di lavoro ha in programma di incrementare l’automazione, un dato che a livello globale si attesta invece al 21%. L’incremento del personale riguarda in particolare: la funzione amministrativa/uffici (14%), l’IT (14%) e la Produzione (21%).
Assistiamo alla progressiva affermazione di una ripresa economica a forma di K, ovvero con una curva in calo e una in crescita, che corrispondono ai profili più o meno richiesti. Alcuni settori e persone si stanno riprendendo più rapidamente e meglio, cioè nei settori in crescita e con skills fortemente richieste. Mentre altri sono a rischio o stanno ulteriormente perdendo terreno.
I profili professionali più richiesti e i meno richiesti
Tra i profili più richiesti abbiamo: meccanici riparatori e ingegneri robotici; operatori nel digital transformation; ingegneri Fintech; consulenti strategici; specialisti di digital marketing e strategia; professioni sanitarie; operatori di helpdesk IT; esperti di cyber security; project manager; data analyst; operatori di contact center da remoto; specialisti di process automation; sviluppatori di App; analisti di management e organization; lavoratori della logistica e di magazzino; specialisti di Internet of Things; operatori di risk management; specialisti di salute mentale.
Invece tra i profili meno richiesti abbiamo: manager generici e operations manager; personale HR generico; amministrativi ed executive assistant; addetti al lavoro in fabbrica e all’assemblaggio; impiegati di uffici postali; addetti a informazioni clienti e customer service; installatori di elettronica e telefonia; operai edili; impiegati addetti a data entry; manager in ambito amministrativo e di servizi alle imprese; impiegati ufficio paghe, contabilità e amministrazione; impiegati di banca.
Le competenze Soft per un nuovo mondo del lavoro
Mentre le aziende si trasformano e implementano processi di digitalizzazione, mutano anche le esigenze in termini di skills. Entro il 2025, le mansioni lavorative saranno suddivise al 50% tra uomini e macchine, mentre 97 milioni di nuove occupazioni saranno richieste nei settori Intelligenza artificiale, green economy e attività connesse all’assistenza. Questa Skills Revolution, unita alla crisi, accelera la richiesta di skills sia trasversali, sia tecniche.
Le soft skills, quali la comunicazione, la gestione del tempo e delle priorità, l’adattabilità, il pensiero analitico, l’empatia e la capacità di prendere iniziative, sono più che mai valorizzate e richieste dalle aziende. Le aziende stanno infatti comprendendo che hanno bisogno di persone aperte all’apprendimento. E quindi lavoratori agili rispetto a tali nuove mansioni. In Italia circa il 30% delle aziende investe sulle soft skills.
Oggi, il modo di pensare analitico e la capacità comunicativa rappresentano solo alcune delle soft skills utili per creare maggiori opportunità di lavoro e resilienza a lungo termine. L’intento è anche quello di mantenere vivo il desiderio di apprendere e crescere professionalmente. Infatti le competenze richieste cambiano sempre più velocemente. Per questo le organizzazioni hanno bisogno di rinnovare le proprie strategie di sviluppo dei talenti e della forza lavoro per attrarre, sviluppare, coinvolgere e trattenere i migliori talenti.