Il frammento di affresco conservato presso l’Accademia Nazionale di San Luca a Roma, il ‘Putto reggifestone’ è realmente un’opera di Raffaello Sanzio
È quanto ha stabilito uno studio realizzato con il sostegno dei Mecenati della Galleria Borghese – Roman Heritage Onlus, associazione presieduta da Maite Bulgari. L’importante rivelazione nel mondo dell’arte chiude un lungo dibattito sul frammento proprio in occasione del quinto centenario della morte di Raffaello Sanzio (1483-1520). Esclude dal punto di vista oggettivo la possibilità di sostenere che il dipinto sia un falso ottocentesco.
Il ‘Putto reggifestone’ è tradizionalmente attribuito a Raffaello anche se non lo hsnno mai provato scientificamente; esso era donato all’istituzione dal pittore, mercante e collezionista Jean-Baptiste Wicar nel 1834. Questo è per molti aspetti sovrapponibile a una delle due figure che affiancano il Profeta Isaia realizzato dal Sanzio nel 1513 circa, nella chiesa di Sant’Agostino a Roma.
Pico Cellini sostenne fermamente l’autografia; ricollegandosi anche alla testimonianza di Giorgio Vasari, che narra di una prima versione dell’Isaia che Raffaello avrebbe eseguito e poco dopo distrutto. I restauratori hanno terminato da poco la pulitura del Putto; ciò ha attestato che la qualità del frammento conservato nell’Accademia di San Luca era pesantemente compromessa nella sua leggibilità dalle alterazioni dei materiali. I materiali erano riconducibili al restauro operato negli anni Sessanta del Novecento.
La tecnica corrisponde a quella utilizzata da Raffaello
Il dipinto ha rivelato oggi una qualità pittorica straordinaria, del tutto compatibile con la tecnica utilizzata da Raffaello nelle sue opere certe . Un dato, questo, suffragato dalle indagini diagnostiche e chimiche. Lo studio ha visto coinvolto un eccellente team di specialisti: Paolo Violini, maestro restauratore del laboratorio di restauro dei Musei Vaticani; Silvia Ginzburg, docente di Storia dell’arte moderna dell’Università degli Studi di Roma Tre, e l’ingegnere nucleare Claudio Falcucci.
Si tratta di una rilevante scoperta che offre alla comunità scientifica e al pubblico la possibilità di rivedere e apprezzare la maestria tecnica che nel 1858, davanti a quest’opera, fece esclamare al pittore francese Gustave Moreau: “Il più bel disegno e il più bel colore riuniti”.