In Italia si è cominciato a parlare di smart working nella prima decade degli anni 2000
Con l’esplosione della pandemia il mondo del lavoro ha subito dei cambiamenti incisivi, a partire dall’introduzione effettiva dello smart working. In realtà, in Italia, si è cominciato a parlare di smart working nella prima decade degli anni 2000. Infatti alcune multinazionali hanno iniziato a rendere noti i loro esperimenti in questo ambito come l’accordo Nestlè del 2012. All’epoca l’aggettivo smart presentava un’ accezione positiva quasi a sottolineare i vantaggi che questa modalità di lavoro avrebbe portato. Tra questi ricordiamo: la possibilità dei dipendendenti di risparmiare tempo e costi nel traggito casa-ufficio e quella delle aziende di poter contare su personale più motivato e produttivo.
Al contrario nel 2020 è diventato sinonimo di trasformazione non solo nel mondo del lavoro, ma anche nelle nostre case. Abbiamo dovuto ricavare spazi nei quali tenere riunioni a distanza e progettare iniziative attraverso tablet, cellulari e computer. Col covid lo smart working è diventato uno strumento di necessità virtù. In particolare la dove possibile il lavoro da casa si è reso necessario per molte mansioni.
Questo porta le grandi imprese a ragionare su come organizzarsi “in tempi di normalità” introducendo una quota di “telelavoro” all’interno della propria azienda. Per i dipendenti i pro possono essere autonomia e indipendenza nell’organizzazione della giornata lavorativa e la possibilità di scegliere il luogo da cui lavorare, mentre per le aziende una maggiore produttività e riduzione di permessi e assenteismo. I contro: per i primi minori entrate per il venire meno di benefit e straordinari e incertezza sulle prospettive di carriera, per le multinazionali un aumento dei costi iniziali legati all’acquisto di hardware e formazione professionale.
Concludendo dipende tutto da come si imposta e si prepara il lavoro smart e dalle condizioni di partenza. Ad esempio per un giovane che condivide l’appartamento con altri può essere utile il lavoro in presenza, per un padre lo smart working. Insomma parliamo di work-life balance ovvero l‘equilibrio tra vita privata e lavorativa.