Rimane solo un ricordo di quelle giornate. Ora le cause delle morti dei delfini sono da ricondurre a virus e in particolare alla pesca.
È possibile una convivenza tra delfini e pescatori nei nostri mari?
Uso della tecnologia, attrezzature a basso impatto ambientale unite a pratiche economiche alternative possono aiutare a centrare il duplice obiettivo. Il primo è di salvaguardare questi splendidi mammiferi marini e diminuire i danni economici causati dalle interazioni tra delfini e la pesca professionale. È la direzione indicata oggi nel corso di un webinar online organizzato dal team del progetto europeo Life Delfi; cofinanziato dal programma Life dell’Unione Europea e coordinato da Cnr-Irbim, in occasione della Giornata mondiale dei Delfini.
Sono state illustrate tutte le azioni messe in campo fino ad ora grazie al lavoro di squadra che ha coinvolto i partner delle Università di Padova e Siena; insieme alle Aree marine protette e alle associazioni Filicudi Wildlife Conservation, Legambiente Onlus e l’Ong croata Blue World Institute.
In Italia dal 2015 al 2019 sono circa 200 gli esemplari spiaggiati ogni anno
Spesso le cause delle morti sono da ricondurre a virus e parassiti ma anche alle interazioni con attività antropiche e in particolare alla pesca. Spesso i delfini costieri sono vittime del bycatch (catture accidentali): per predare il pesce presente nelle reti dei pescherecci finiscono per ferirsi con le attrezzature, impattare con le unità navali o restare impigliati.
Il mammifero e la pesca
Il fenomeno delle interazioni delfini-pesca è noto da tempo ma il gruppo di lavoro del progetto Life Delfi ha voluto indagare a fondo la problematica intervistando 209 pescatori nelle diverse aree pilota del progetto. Per la maggioranza degli intervistati (il 74,2%) la presenza dei delfini in mare è aumentata e con essa anche le interazioni, questo per via della crescente riduzione delle risorse ittiche che porta i cetacei ad avvicinarsi volontariamente ai pescherecci a caccia delle loro prede. I delfini hanno cambiato le abitudini di vita divenendo di fatto opportunisti, e quindi seguendo i pescherecci, dove trovano prede facile, già catturate nelle reti o rigettate in mare dai pescatori.
I dati
Infatti per le modalità di interazione viene indicato il danneggiamento del pescato (56%); danneggiamento delle reti (41,6%), e depredazione della rete (54,1%). La quantificazione economica del danno va da un minimo di 500 euro fino a 10mila euro. Ben un quarto degli intervistati (il 33%) ha dichiarato di aver catturato almeno una volta accidentalmente un delfino. Alla domanda sull’utilizzo dei dissuasori acustici (pinger) quasi la totalità (l’81%) ha risposto di non averli mai usati, né di aver provato nessun altro accorgimento per allontanare i delfini dalle imbarcazioni (76,5%).
La speranza
“Il dato incoraggiante è che la maggioranza dei pescatori si è reso disponibile a testare i dispositivi di mitigazione messi a disposizione da Life Delfi sulla propria imbarcazione – dichiara Federica Barbera, dell’ufficio aree protette e biodiversità di Legambiente – Questo sta già avvenendo e siamo sicuri che anche le attrezzature a basso impatto ambientale e le attività economiche alternative, come il dolphin watching, troveranno un ottimo riscontro tra gli operatori della pesca artigianale”.