I centri emofilia sono difficili da raggiungere e spesso erogano solo visite, senza nessun altro tipo di assistenza o servizio. Per Fedemo sarebbe opportuno incentivare la demedicalizzazione assistenziale.
Il 15% dei pazienti emofilici adulti trovava già difficoltoso l’accesso al Centro emofilia prima della pandemia. E di questi, circa il 25% soprattutto perché la struttura non è facilmente raggiungibile. E’ quanto emerge da un’indagine condotta tra novembre 2019 e giugno 2020 dall’università degli Studi di Milano Bicocca, su 144 pazienti adulti e 94 caregiver. Dell’indagine si è parlato in occasione della Giornata Mondiale dell’emofilia, in calendario ogni anno il 17 aprile. Oggi è celebrata attraverso un evento in streaming, organizzato dalla Fedemo al Palazzo dell’Informazione Adnkronos di Roma.
Secondo i dati dell’indagine “per il 20% dei pazienti emofilici il centro eroga solo visite e nessun altro servizio. Mentre sulla qualità della vita, oltre il 50% ha dichiarato di avere difficoltà nel camminare e nel 35% dei casi di aver provato o provare dolore. Il 16% dei pazienti si è dovuto rivolgere a specialisti al di fuori del Centro. Infine, più in generale, per oltre il 60% del campione l’emofilia ha impattato negativamente sull’attività lavorativa”.
“L’indagine che abbiamo realizzato con l’Università Bicocca ci ha confermato che sarebbe opportuno incentivare una demedicalizzazione assistenziale, avvalendosi di strumenti e tecnologie sanitarie innovative, come ad esempio la telemedicina, in modo da ottenere anche a livello locale l’attivazione e l’efficace gestione di quella che dovrebbe essere un’impostazione di sistema condivisa a livello nazionale”, ha spiegato Cristina Cassone, presidente Fedemo durante l’evento di oggi.