Anche l’agricoltura paga un prezzo salato per la crisi scatenata dal Covid-19. Nel 2020 il numero di giornate di lavoro dai braccianti agricoli si è ridotto del 2,4% rispetto all’anno precedente (2.037.000 in meno).
Sono questi i primi dati elaborati dall’Osservatorio sul lavoro agroalimentare costituito dalla Fondazione Argentina Altobelli e dal Censis con l’obiettivo di rappresentare la realtà del lavoro nel settore agricolo e nell’industria agroalimentare.
Le motivazioni della collaborazione nascono da una comune riflessione sulla rilevanza che questo comparto ha assunto negli ultimi anni, non solo dal punto di vista economico; ma anche sul piano occupazionale; con un ruolo sempre più importante nelle dinamiche dei consumi della società italiana e rispetto alla domanda estera. L’Osservatorio concentrerà l’esame sui contratti collettivi nazionali di riferimento; e sulle diverse configurazioni che il lavoro agricolo può assumere nella zona d’ombra del sommerso e della sottoccupazione.
Nonostante il settore agricolo non si sia fermato nell’anno del lockdown, l’impatto della crisi è stato rilevante e ha colpito in maniera differenziata le diverse regioni del Paese. In sintesi, i lavoratori agricoli sono passati da 955.000 a 937.000 e le giornate lavorate nell’anno sono diminuite da 85 a 83 milioni. Nella realtà del lavoro agricolo spicca anche una quota rilevante di lavoratori; che risultano occupati per meno di 10 giornate all’anno. Sono il 14% del totale, pari a 132.000 nel 2020. Se si contano i lavoratori occupati per meno di 30 giornate; la quota sale al 26,5% del totale, pari a poco meno di 250.000 braccianti agricoli; una realtà controversa che merita di essere approfondita in tutti i suoi aspetti. Nella scomposizione delle diverse anime del lavoro agricolo merita attenzione anche la componente dei lavoratori stranieri, che sono oltre 330.000 e rappresentano il 35,6% della forza lavoro totale.