Salvare la stagione turistica nelle isole con la vaccinazione di massa degli abitanti e ingressi protetti da vaccino o tampone negativo. Ma sembrano troppi i punti fragili del progetto. Medici e scienziati spiegano il perché.
Isole Covid-free? Da Capri all’Elba, dalle Eolie alle Tremiti, le isole italiane intravedono la possibilità di salvare la loro estate turistica. E mentre si accende la polemica tra i governatori delle regioni, con De Luca a favore e Bonaccini e Zaia che si oppongono, ognuno a tutela dei rispettivi comparti del turismo, ci si interroga sulla fattibilità dell’idea. Soprattutto in assenza di un passaporto vaccinale che possa garantire l’immunizzazione dei turisti, oltre che quella dei locali.
Modalità di circolazione
Un altro punto importante è quello delle modalità di circolazione. Il titolare del ministero del Turismo, Massimo Garavaglia, ha dichiarato infatti di avere aperto un tavolo con i ministri Enrico Giovannini (Infrastrutture e mobilità) e Roberto Speranza (Salute) per stabilire protocolli per una circolazione sicura. Da questo punto di vista un modello a cui gli operatori turistici guardano è quello messo a punto dalla Grecia. Essa fine febbraio aveva emesso i primi “passaporti vaccinali” (a chi ha ricevuto la seconda dose del vaccino, che permette una corsia preferenziale negli aeroporti e di evitare la quarantena una volta attraversato il confine). Inoltre entro fine aprile prevede di completare la vaccinazione di tutti gli abitanti di 69 isole. Mentre già fioccano le prenotazioni dall’Europa anche le Maldive, le Seychelles e l’isola di Phuket (Thailandia) hanno definito protocolli per l’ingresso di turisti già immunizzati dal vaccino, o comunque Covid-negativi al test molecolare.
Sull’onda di questi esempi, isole come Capri, Ischia e Procida avevano annunciato già dalla scorsa settimana il via a una campagna di vaccinazione di massa, Hanno messo a disposizione una piattaforma di registrazione per tutti gli over 16 su indicazione dell’Asl e della Regione Campania. Ma poi si è optato per completare la vaccinazione di fragili e over 70, come da piano vaccinale governativo. Del resto, è stato il Commissario straordinario per l’emergenza, il generale Francesco Figliuolo, a smentire l’idea che per alcune località turistiche possano essere fatte delle eccezioni alle priorità vaccinali stabilite per tutto il territorio italiano. In ogni caso, le prime due isole italiane Covid-free potrebbero essere Lampedusa e Linosa. Cio sarebbe possibile grazie alla vaccinazione di massa promossa dal sindaco di Lampedusa, Salvatore Martello.
Forti disparità
Ma, al di là dell’etichetta accattivante, cosa significa davvero “Isole Covid-free”? “Significa, da un punto di vista scientifico, assicurarsi che tutti i residenti dell’isola siano vaccinati (avendo completato il ciclo di vaccinazione, quindi con doppia dose). Inoltre si devono ammettere sull’isola solo turisti vaccinati o che abbiano un tampone negativo.” Spiega a Salute l’immunologa Antonella Viola, direttrice scientifica dell’Istituto di ricerca pediatrica e docente all’università di Padova. “Ovviamente il problema qui non è scientifico. Da questo punto di vista funzionerebbe. Ma sta nella creazione di forti disparità che si verrebbero a creare nel territorio. Le vaccinazioni infatti vanno fatte sulla base del rischio clinico. Tutto il resto è non solo ingiusto, ma anche un forte freno alla ripartenza”. Antonella Viola non è l’unica scienziata ad esprimere perplessità sull’idea delle isole Covid-free.
Spiega Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia e Virologia al Bambino Gesù di Roma: “L’ipotesi di generare delle aree prive di Covid è possibile da un punto di vista concettuale. Tuttavia, per potersi realizzare, necessita di una serie di elementi di non facile soluzione. Questi la rendono poco fattibile al momento attuale. Innanzitutto, servirebbe una disponibilità massiccia di vaccini tale per cui sia possibile immunizzare un’intera popolazione di una determinata isola. Inoltre questo non deve essere a discapito delle vaccinazioni nel resto del Paese. Nè, soprattutto, nei confronti delle persone anziane e fragili. Tale ipotesi, al momento, non è praticabile, viste le estreme difficoltà che abbiamo nell’approvvigionamento dei vaccini. Tale criticità, da sola, già è sufficiente per rendere difficile, al momento l’ipotesi di aree del Paese Covid-free”.
Gli ingressi nelle isole punto debole
Il secondo punto evidenziato dal virologo riguarda gli ingressi sulle isole. “Servirebbe la messa a punto di un sistema di diagnosi che permetta di intercettare all’entrata persone che, essendo infettate, possono trasmettere il virus all’interno dell’area definita Covid-free. I tamponi antigenici non sono sufficienti. Essi sono in grado di indicare la non infettività di una persona in quel momento. Ma non sono in grado di escludere l’infezione. Quest’ultima può causare infettività nei giorni successivi, a causa dell’evoluzione della infezione verso la malattia.
Servono tamponi molecolari disponibili in modo massivo.” Spiega Perno. “Inoltre è necessaria la messa a punto di un passaporto vaccinale che definisca la protezione delle persone vaccinate. Questo è un punto cruciale. Molti vaccini di uso corrente (come AstraZeneca) sono validi nei confronti dell’evoluzione dell’infezione verso la malattia, ma non vi sono evidenze che proteggano dall’infezione. Pertanto, in determinati casi, potremmo avere persone vaccinate che non si ammaleranno grazie al vaccino, ma che potrebbero essere ugualmente infettanti”.
Misure di distanziamento
Il quarto e ultimo punto evidenziato da Perno concerne il mantenimento delle misure di distanziamento. “Tale elemento rimane indispensabile a fianco dell’eventuale passaporto vaccinale. Le modalità di trasmissione del virus e la sua aggressività non escludono che possa comunque circolare se non contenuto adeguatamente nella sua capacità di trasmettersi da persona a persona”.
Le difficoltà intrinseche nel concetto di “Isola Covid-free” sono, secondo gli esperti, notevoli e difficili da affrontare: “In un mondo globalizzato come quello di oggi pensare che l’isola di per sé stessa rimanga un’isola incontaminata è abbastanza illusorio. Perché le isole sono poi mete turistiche e fonti di attività” spiega Massimo Andreoni, primario di malattie infettive a Tor Vergata e presidente scientifico Simit. “Se pensiamo alla discussione attuale, ovvero creare isole Covid-free ad esempio in Campania, con Capri e Ischia, la prospettiva, in sé, sarebbe anche plausibile: vaccinare tutti gli isolani di Capri e di Ischia può essere una cosa realizzabile, visto che sono persone ben identificate e non particolarmente numerose.
“Però mi chiedo, quanto tutto questo serva realmente: perché l’afflusso di persone che hanno case o che vanno a passare la loro giornata sull’isola è molto alto, in quanto si tratta di isole molto vicine alla costa e quindi facilmente raggiungibili. È come se io mi mettessi in testa di sanificare e bonificare un quartiere romano. Tecnicamente si può fare, ma poi l’utilità quale sarebbe? Visto che potrebbe essere presto ricontaminato da tutto ciò che ha intorno. Quindi la finalità di contenimento dell’epidemia delle ‘isole Covid-free’ mi sembra tutto sommato modesta, perché il virus risbarcherebbe sull’isola al primo aliscafo o traghetto che attracca: la vedo più come un’operazione promozionale”.
Monitorare gli arrivi
Anche il test molecolare fatto a tutti coloro che sbarcano sull’isola, secondo Andreoni, non sarebbe una misura realmente risolutiva. “Questo era stato proposto anche tempo fa dal presidente della regione Sardegna. Ma sarebbe difficile da realizzare – spiega Andreoni – per Capri e per Ischia partono molti aliscafi al giorno. Ci vorrebbe un sistema che monitorizza con tamponi migliaia di persone che arrivano sull’isola e partono dall’isola. Inoltre il tampone nell’ambito di questa epidemia si è dimostrato uno strumento fallace, perché il tampone negativo alla partenza non garantisce che la persona il giorno dopo, o addirittura il giorno stesso, non sia positiva.
“Questi tamponi a cui affidiamo la “patente di negatività” hanno innanzitutto dei loro limiti di sensibilità. E poi è la patologia stessa che ha una sua incubazione, per cui una persona può partire con un tampone negativo e poi sviluppare la malattia poche ore o pochi giorni dopo”. È vero che col test molecolare si ridurrebbe l’accesso del virus all’isola, ma non ci sarebbe una garanzia al 100% di successo dell’operazione. “Più che a pensare a campagne vaccinali mirate sulle isole, penserei a campagne sulla popolazione – spiega Andreoni – la strategia, a mio avviso, non dovrebbe essere localistica, ma regionale e ancora di più nazionale, con tutti che cercano di fare le stesse cose, procedendo il più rapidamente possibile – sempre che arrivino abbastanza vaccini – e procedendo per fasce di età, per cercare di ridurre la circolazione prima nelle persone più fragili e poi progressivamente in tutta la popolazione”.