Studio del Centro Cardiologico Monzino dimostra che con la riabilitazione su misura i pericoli scendono anche di oltre il 40% i rischi di nuovi episodi nei cinque anni dopo l’intervento. Fondamentali monitoraggio e trattamento dei fattori di rischio.
La “personalizzazione” del percorso di riabilitazione dopo un by-pass (e non solo) diventa un’arma strategica per ridurre i rischi di nuovi attacchi. Grazie ad un programma “su misura” si possono infatti proteggere le arterie coronariche da nuove ostruzioni che mettono a rischio il cuore. Si deve mirare caso per caso a controllare i fattori di rischio cardiovascolare con stile di vita corretto, attività fisica, alimentazione sana e farmaci quando necessari. La riduzione del rischio di nuovi episodi grazie a questa strategia è estremamente significativa. Il calo dell’incidenza di nuovi episodi coronarici e conseguente rischio per il cuore è del 41%.
A dimostrarlo, dati alla mano, è una ricerca italiana apparsa su European Journal of Preventive Cardiology. Condotta dagli esperti del Centro Cardiologico Monzino. “Le persone con malattia coronarica hanno un rischio molto elevato di eventi cardiovascolari ricorrenti. Ogni recidiva coronarica aumenta ulteriormente la probabilità di presentarne un’altra.” Spiega Pablo Werba, Responsabile Unità di prevenzione aterosclerosi del Monzino e primo autore del lavoro. “In pratica, il maggiore fattore di rischio per un secondo evento coronarico è averne già avuto uno. Per questo motivo è importante che i pazienti siano consapevoli che la cura non finisce con la procedura di rivascolarizzazione. Al contrario, i programmi di prevenzione, definita “secondaria”, devono essere particolarmente intensi e puntare a correggere a lungo termine ognuno dei diversi fattori di rischio modificabili e a facilitare l’aderenza alle terapie”.
Nuove strade per la ricerca
La ricerca ha preso in esame proprio soggetti sottoposti ad intervento chirurgico per aprire “nuove strade” al sangue destinato al cuore. “Nello studio abbiamo analizzato la frequenza di recidiva di problemi coronarici in 1248 soggetti trattati al Monzino con bypass aorto-coronarico. Il 50% di questi hanno partecipato al nostro programma di prevenzione secondaria in aggiunta alle normali visite cardiologiche periodiche.” Riprende l’esperto. “Abbiamo dimostrato che partecipando sistematicamente e attivamente a un programma personalizzato di prevenzione secondaria, l’incidenza delle recidive coronariche nei 5 anni successivi all’intervento chirurgico di bypass si riduce del 41%”. L’importante, in ogni caso, è che si segua una programma ben definito in grado di “mirare” direttamente ai fattori di rischio individuali. Si deve partire dai livelli troppo alti di colesterolo “cattivo” LDL per arrivare fino a diabete, sovrappeso, ipertensione e fumo di sigaretta.
Piani diagnostici regolari
In questo senso, occorre programmare i necessari esami diagnostici regolari. Come il controllo dei lipidi, della pressione e della glicemia. SI deve inoltre impostare una terapia farmacologica specifica a seconda dei casi, che va seguita con attenzione assicurando da parte del paziente la necessaria aderenza alle cure. Questa è una sfida, così come l’educazione sanitaria e un intervento motivazionale che persuada il paziente a prendersi cura della propria salute. Occorre quindi riuscire ad assicurare al malato una riabilitazione che sia davvero “mirata” alle sue condizioni perché questo approccio va studiato e fatta su misura, in base alle condizioni del paziente. E non solo dopo un by-pass o un intervento cardiochirurgico. Anche e soprattutto dopo un infarto bisogna puntare su percorsi ben definiti, visto che la lesione non è mai uguale nelle diverse persone, così come le sue conseguenze.