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La Torre dell'Elefante a Cagliari

Sa Die de sa Sardigna: i Vespri Sardi

Sa Die de sa Sardigna è la festa che il Consiglio regionale della Sardegna ha istituito per ricordare l’insurrezione popolare dei sardi del 28 aprile 1794. I Vespri Sardi portarono all’allontanamento da Cagliari dei Piemontesi e del viceré Balbiano.

Con la Legge Regionale 14 settembre 1993, n.44, il Consiglio regionale della Sardegna ha istituito la giornata del popolo sardo, “Sa Die de sa Sardigna“. Con questa legge, in occasione della ricorrenza, la Regione Autonoma della Sardegna si propone di organizzare manifestazioni ed iniziative culturali che mirano a “sviluppare la conoscenza della storia e dei valori dell’autonomia, in particolare tra le nuove generazioni“. Conoscere la storia dei Vespri Sardi è il primo passo che mira a questo obiettivo. In questo articolo verrà, in primo luogo, presentato brevemente il contesto storico dei fatti per poi raccontare la prima ribellione del popolo sardo contro i Piemontesi del 28 aprile 1794.

1720: Il Regno di Sardegna passa ai Savoia

Il Regno di Sardegna fu assegnato a Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1720, con la firma del Trattato dell’Aia. Quest’ultimo segnava la fine della guerra tra Gran Bretagna, Francia, Austria e Paesi Bassi e Impero Spagnolo; guerra iniziata di fatto nel 1717, quando 8.000 soldati spagnoli sbarcarono in Sardegna, allora parte dell’impero asburgico, per riprenderne il possedimento. Infatti, Carlo II di Spagna morì senza lasciare eredi, aprendo così una sanguinosa guerra di successione al trono. La Sardegna, in questo contesto, venne assegnata agli Asburgo d’Austria nel 1714. Come dicevamo, però, nel 1720 il Regno di Sardegna passò a Vittorio Amedeo II di Savoia, che si vide costretto a cedere il Regno di Sicilia, in suo possesso, all’Impero Asburgico, e ad accettare al suo posto il Regno di Sardegna.

I Savoia videro l’annessione del Regno di Sardegna come una sconfitta militare e diplomatica. Lo scambio fra Sicilia e Sardegna, infatti, poteva essere ritenuto diseguale, e il sovrano sabaudo non si recò in Sardegna quando il Regno venne annesso. La stessa cosa fecero gli altri sovrani sabaudi fino al 1798. Vittorio Amedeo II decise invece di inviare un vicerè nella funzione di governatore. Il Regno di Sicilia e di Sardegna erano profondamente diversi. Il primo era uno dei regni più antichi e prestigiosi d’Europa, con una classe nobile ricca e molto potente. I Savoia avevano infatti incontrato spesso una forte opposizione da parte della nobiltà locale siciliana. In Sardegna, invece, la classe nobile non godeva di molto potere, e i Savoia pensarono di poterla gestire con maggior facilità.

Il difficile rapporto tra sardi e piemontesi

Va ricordato che tra sardi e piemontesi vi erano profonde differenze culturali, che portarono i due popoli a una forte diffidenza reciproca. Infatti, il governo e le aristocrazie sabaude, dopo una lunga preponderanza francese, erano ormai molto lontani dalla cultura spagnola. L’intento dei Savoia era quello di costruire uno Stato moderno di tipo francese, in cui i ceti dirigenti locali godevano di poco potere e, comunque, sempre sotto il controllo del governo centrale. Vi erano quindi gravi incomprensioni fra sardi e piemontesi, prima di tutto di natura politica. A questo si aggiungeva il grave malcontento del popolo sardo per il pesante regime fiscale, per lo stretto controllo del governo e per la durezza del sistema carcerario sabaudo. Tutto questo rimase vivo nell’immaginario collettivo per lungo tempo.

1793: il malcontento dei sardi cresce dopo la vittoria sui francesi

Nel 1793 la Sardegna fu teatro della prima azione offensiva perpetrata dalla neonata Repubblica Francese (1792) nel Mediterraneo. Il governo francese aveva dato l’ordine di invadere la Sardegna perchè strategicamente importante nel Mediterraneo, vista la sua posizione, e anche perchè si pensava a una spedizione celere e semplice. La flotta attaccò l’Isola lungo due direttrici, una a sud, nel Cagliaritano, e una a nord, nei pressi dell’arcipelago della Maddalena. La flotta a nord era guidata anche dall’allora giovane ufficiale Napoleone Bonaparte.

I sardi opposero resistenza, si schierarono con la coalizione anti-francese e combatterono. Organizzarono velocemente il loro esercito e, quando la flotta francese giunse al largo di Cagliari, erano pronti a dar battaglia. Il primo attacco venne disperso da una burrasca, che riportò le navi francesi in alto mare. I francesi riattaccarono nella direttrice sud e furono sconfitti a Cagliari e a Quartu, nella località di Margine Rosso. L’attacco a nord nei pressi dell’Isola della Maddalena fallì anch’esso, in parte per deliberato sabotaggio ad opera delle truppe corse.

Nessuna ricompensa

I Savoia non erano stati in grado, o non avevano voluto, mandare truppe di aiuto alla difesa della Sardegna. I sardi avevano infatti organizzato un esercito di volontari reclutati dai villaggi e dalle città. L’equipaggiamento venne pagato da donazioni provenienti dalle figure più importanti nella società sarda (tra questi il vescovo di Cagliari e il magistrato della Reale Udienza Giovanni Maria Angioy).

Avendo difeso non solo la Sardegna, ma con essa il Regno di Sardegna, i sardi sperarono in delle ricompense, dal momento che si erano anche dovuti equipaggiare da soli. Il re Vittorio Amedeo III di Savoia privilegiò nelle ricompense i piemontesi che avevano combattuto in Sardegna. I volontari sardi che avevano partecipato all’azione di difesa non avevano ricevuto i compensi sperati, e questo fu un ulteriore motivo di malumore verso i Savoia.

Le cinque domande

A questo punto, con il crescente malcontento dopo la difesa del Regno dai francesi, le classi dirigenti sarde convocarono gli Stamenti. Gli Stamenti (militare, ecclesiastico e reale) erano organi di rappresentanza del Regno di Sardegna, ovvero le componenti del parlamento dell’epoca. Gli Stamenti riunivano nobili possidenti, militari di alto grado, ecclesiastici di alto rango, sindaci e funzionari delle città regie della Sardegna. Affianco agli Stamenti vi era un organo esecutivo: la Reale Udienza, della quale facevano parte giudici e magistrati.

I sardi volevano che le classi dirigenti sarde venissero ammesse nella gestione amministrativa della Sardegna. Infatti, i Savoia avevano completamente tagliato fuori i sardi da ogni ruolo nell’amministrazione del territorio, riservando quelle cariche ai piemontesi. Inoltre i re sabaudi non avevano mai convocato le assemblee sarde (corti generali) che avevano il ruolo di trattare questioni di interesse per la Sardegna. Oltre a questo, i sardi si lamentavano del fatto che il governo avesse istituito una Segreteria di Stato gestita direttamente dal viceré di Sardegna. La Segreteria prendeva decisioni in modo arbitrario, accordando favori, esenzioni e amnistie secondo criteri misteriosi che spesso inducevano sospetti di pratiche clientelari.

Le richieste degli Stamenti ai Savoia erano dunque cinque:

  1. La convocazione delle corti generali per trattare le questioni di interesse per la Sardegna e per il bene pubblico.
  2. La riconferma delle antiche leggi, consuetudini e privilegi, soppresse pian piano dai Savoia.
  3. La concessione delle cariche ai sardi (ad eccezione delle più alte, quali la vicereale o alcuni vescovadi).
  4. L’istituzione di un Consiglio di Stato che doveva essere consultato in tutti gli affari che prima dipendevano dall’arbitrio di un solo segretario.
  5. La creazione a Torino di un Ministero degli Affari di Sardegna.

Il rifiuto

Gli Stamenti inviarono le cinque domande direttamente al sovrano, piuttosto che usare il vicerè come tramite. Una delegazione partì quindi per Torino. Il vicerè Vincenzo Balbiano, però, aveva già anticipato al re quanto stava per essergli proposto, e aveva consigliato al re di rifiutare. Vittorio Amedeo III fece attendere tre mesi la delegazione a Torino senza riceverli, ordinando nel frattempo lo scioglimento degli Stamenti a Cagliari. Successivamente, rifiutò di soddisfare le richieste dei sardi. Bisogna ricordarsi che il governo piemontese attuava una politica fortemente accentrata di stampo francese, e non concepiva dunque in alcun modo le forme di decentramento del potere.

Il re, dunque, rifiutò. Ciò che fece crescere ancora di più l’astio nei confronti dei piemontesi fu il modo in cui il rifiuto venne comunicato. La delegazione inviata a Torino non ricevette alcuna comunicazione. Il rifiuto venne comunicato al vicerè col compito di riferirlo ai sardi. Con questo atto, il governo piemontese stava implicitamente asserendo che non riconosceva alcun valore legittimo agli Stamenti, e quindi non riconosceva nessuna legittimità alle istanze di autonomia e autogoverno delle classi dirigenti sarde.

I fatti menzionati finora furono i motivi che scatenarono il primo moto rivoluzionario sardo contro i piemontesi, quello che oggi ricordiamo con la festività de Sa Die de Sa Sardigna.

Sa dì de s’acciappa (Il giorno della cattura)

Verso l’una del 28 aprile 1794, un gruppo di soldati arrestò Vincenzo Cabras, avvocato che aveva preso parte attivamente ai lavori degli Stamenti, insieme a Bernardo Pintor. Quest’ultimo fu arrestato per sbaglio al posto del fratello Efisio Pintor, avvocato e attivista come Cabras. Cabras e Pintor incitarono il popolo alla ribellione. Un gruppo di popolani armati sfondarono una delle porte di Castello, mentre altri diedero fuoco alla porta di Sant’Agostino. Apertasi una breccia, i rivoltosi riuscirono a entrare a Castello, disarmando i soldati. Nel frattempo, le campane di Stampace, di Marina e di Villanova suonavano e incitavano tutti a ribellarsi.

Un altro gruppo di rivoltosi diede fuoco alla porta di Castello per entrare. I militari cercavano di fare fuoco verso i ribelli, ma questi si impossessarono dei loro cannoni e li puntarono verso Castello stesso. I ribelli avevano ormai preso le porte della Torre dell’Elefante e della Torre del Leone con l’intento di arrestare il Vicerè: Vincenzo Balbiano.

I soldati piemontesi cercarono rifugio dentro il Palazzo Regio. I rivoltosi riuscirono a entrare del Palazzo, ma dovettero recarsi ed entrare al palazzo Arcivescovile, perchè Balbiano era scappato lì per rifugiarsi.

La rivolta si concluse con la cattura del vicerè e delle massime autorità piemontesi. Balbiano e gli altri funzionari furono cacciati da Cagliari e rimandati in Piemonte il 7 maggio.

Sa Die de Sa Sardigna

Oggi ricordiamo i sardi che, stufi dei soprusi e desiderosi di autonomia, fecero la rivoluzione nelle strade e nel parlamento, con la forza e con le idee.

About Giulia Demuru

Studentessa presso l'Università di Cagliari - Filosofia e teorie della comunicazione