L’epidemiologa Stefania Salmaso tiene alta l’attenzione: “Chi è vaccinato può, teoricamente, trasmettere l’infezione. Il vaccino non deve farci diventare meno prudenti, è necessario mantenere un comportamento intelligente.”
“Vaccinarsi non deve far diventare meno prudenti“. Lo spiega all’Adnkronos Salute Stefania Salmaso, epidemiologa indipendente delle malattie infettive. “Anche chi è vaccinato può, teoricamente, trasmettere l’infezione. Questo può accadere in una piccola percentuale dei casi su cui il vaccino non ha avuto effetto. In queste situazione si può anche acquisire l’infezione e diventare contagiosi. Tuttavia ci aspettiamo che questo accada in una quota di popolazione vaccinata molto ridotta”.
Per quanto riguarda i tamponi, “anche i vaccinati devono continuare a farli, sia in caso di sintomi sia di contatti con positivi. Il vaccino – ribadisce Salmaso – non può dare protezione assoluta dall’infezione. Ricordiamo sempre che protegge dagli effetti gravi della malattia, ma non dà una certezza contro l’infezione. Nel caso in cui dobbiamo dimostrare che non sia in atto, dobbiamo fare necessariamente la ricerca del virus con il tampone”.
“Nessun vaccino è efficace al 100%. Per questo si può essere infettati da Sars-Cov-2 anche dopo l’immunizzazione. I vaccini che abbiamo a disposizione in diverse condizioni hanno dimostrato di essere efficaci al 95%. Il che vuol dire che ogni 100 persone vaccinate 5 potrebbero non essere protette”. “Il 95% di protezione – continua – si ha soprattutto nei confronti delle forme più gravi di malattia. C’è, quindi, una probabilità non trascurabile di infezione. Tuttavia solo rarissimamente può manifestarsi con sintomi severi”. Le probabilità, ovviamente, sono maggiori quando si è fatta solo una dose “che dà una protezione parziale, poi consolidata dopo un paio di settimana dalla seconda dose. L’efficacia dei vaccini viene infatti considerata dopo aver dato il tempo alla seconda dose di far effetto“.
“Il virus varia sempre, ma non sempre queste variazioni rappresentano un elemento negativo per noi. Ci sono tante varianti, non tutte cattive”. Possiamo parlare di ‘varianti benigne’ quando – spiega ancora Salmaso – “non provocano né un aumento della contagiosità né un aggravamento del quadro clinico. Classifichiamo diversamente le varianti che destano preoccupazioni e che devono essere monitorate e le altre che non danno un rischio maggiore e non sono in grado di diffondersi più rapidamente”, conclude.